Siamo stati, siamo e saremo tutti protagonisti: lasciando alla storia l’arrivo di Giovanni Caboto andiamo a tempi, si fa per dire, piu’ vicini, quegli ultimi anni dell’800 quando sono arrivati i primi emigrati per lo piu’ impiegati nelle miniere; agli anni ‘20 quando a Toronto gli italiani erano piu’ o meno tremila concentrati tra College St. e University Ave. e gli anni ‘30 con la prima ondata di manovali e muratori che iniziarono la costruzione di Toronto che sara’ poi portata a fine quando, nel dopoguerra e con una valigia di cartone piena di ricordi, speranze e sogni, a “sbarcare“ in Canada furono decine di migliaia...
Ognuno di noi e’ una storia.
Dalle difficolta’ dell’inizio quando si doveva lavorare in due, lui in un cantiere o sulle strade con il freddo che tagliava le mani e il sole che bruciava, lei su una macchina da cucire contando i “pezzi”.
Per altri era il lavoro in fabbrica o nei campi e, per altri ancora, il cominciare da soli per realizzare un’idea...
Poi, sulle spalle il debito della prima casa che era pero’ anche un’affermazione della propria indipendenza e del successo come quando, per i figli si e’ cominciato a pianificare un loro futuro , diverso dal nostro passato...
Da quel difficile inizio, comune a moltissimi, c’e’ stata la continuazione delle nuove generazioni che, realizzandosi, hanno fatto diventare realta’ quei tanti sogni nella valigia di cartone e oggi la nostra comunita’ e’ ben rappresentata a tutti i livelli e riconosciuta per l’apporto che ha dato allo sviluppo di questo paese.
Dalla politica al sociale, dalla cultura alla scienza ed alla tecnica, c’e’ sempre un nome e lo spirito italiano, e questa e’ la storia di domani..
Se si parla di St.Clair - cosa che succede spesso perche’ in quella Little Italy, come in quella di College, sono moltissimi ad avervi le radici dell’appena arrivati a Toronto, poco se non tanto smarriti, in cerca di un po’ di quella sicurezza che puo’ dare il sentir parlare la propria lingua e vedere negozi con insegne italiane - certamente Gino Cucchi puo’ dire la sua visto che e’ da oltre trent’anni che vive e lavora in quella strada che oggi “E’ cambiata per la gente che ci abita, ma gli italiani, direi l’80 per cento, ci ritorna per comprare o anche solo per una passeggiata, un caffe’, un gelato...”.
“Oggi - spiega ancora Gino Cucchi - in St.Clair vivono 52 etnie diverse mentre nel ‘70 gli italiani erano il sessanta per cento della popolazione e il resto era di inglesi ed ebrei...”.
E, come e’ cambiata St.Clair sono cambiati anche gli italiani:”Certo - conferma Gino Cucchi - ma in meglio.Ricordiamoci che in quegli anni si era appena arrivati e se si comprava la casa c’era il mortgage da pagare, la prima auto a rate e percio’ si doveva calcolare ogni centesimo, anche quando si comprava un vestito e prima - Gino Cucchi e’ titolare dal 1973 di un negozio d’abbigliamento - si guardava al prezzo e dopo alla qualita’”.
“Oggi e’ diverso, si ha piu’ disponibilita’ e la qualita’ di quanto si compra viene prima del prezzo...E anche cio’ dimostra come la nostra comunita’ ha fatto progressi”.
Gino Cucchi e’ nato San Donato Val di Comino, un paese vicino a Frosinone che Cucchi definisce “il piu’ bello del mondo” ma che ha lasciato a 18 anni per raggiungere una sorella che viveva a Toronto e impiegandosi nel settore della vendita di abbigliamento:un’esperienza di anni che diventera’ anche il suo futuro.
Nel 1973 entra in business aprendo, naturalmente a St.Clair, il Gino Mens’, Boy’s and Ladies’ Fashions e, allo stesso tempo continua il suo coinvolgimento nella comunita’organizzando raccolte di fondi per la Canadian Cancer Society (nel 1986 ha ricevuto un Appreciation Award e, nell’anno successivo e’ stato eletto presidente della sezione di West Toronto) e per l’Ontario Thalassemia Foundation e organizzando il “Day of the Child” festival.
Da anni presidente delle Italian National Republic Day Festivities e del Comitato che, nel 1998, ha eretto un Monumemto agli Immigranti italocanadesi,Gino Cucchi, e’ sempre stato fra gli organizzatori delle tante manifestazioni che, ogni anno si tengono a St.Clair l’ultima delle quali presto entrera’ nel Guiness e cioe’ lo spaghetto piu’ lungo del mondo, che lo scorso 11 luglio ha percorso per 153 metri o 503 piedi St.Clair...
Naturalmente, impegnato com’e’ tra lavoro e volontariato, viene da chiedersi quando Gino Cucchi ha trovato il tempo per pensare allo spaghetto...
Anche se sono piu’ di dieci anni che e’ lontano dalla politica attiva e dice di non aver alcun rimpianto, l’avvocato Claudio Polsinelli non la racconta tutta perche’, quando gli si chiede se ritornerebbe, risponde di si: perche’?
“La politica - spiega - ti consente di lavorare per risolvere o cercare di risolvere i problemi di tutti.Oggi, come avvocato posso risolvere il problema di una persona, di un gruppo: come politico puoi invece lavorare per un’intera collettivita’ e questa e’ una differenza fondamentale...”.
Ultimo di otto figli, Claudio Polsinelli e’ nato a Sora e insieme alla madre e a un fratello nel 1959, quando aveva sette anni, si e’ trasferito in Canada dove il padre Domenico gia’ si trovava da tre anni prima.
All’inizio sono stati anni difficili anche perche’ il padre, che lavorava in costruzione, aveva avuto un incidente sul lavoro e cosi’ dalla De La Salle Catholic High School per frequentare la quale si doveva pagare la retta, aveva finito le scuole superiori al Vaughan Road Collegiate.
Dopo un anno all’Universita’ di Toronto aveva interrotto gli studi per poi riprenderli frequentando la Osgoode School e laureandosi in giurisprudenza nel 1984.
Nel 1975 si e’ sposato con Rosetta la quale, oltre a dargli due figli, Sara e Adamo, gli ha impartito lezioni d’italiano utilizzando, come libri di testo, le canzoni italiane delle quali, Claudio, e’ vero conoscitore...
Claudio Polsinelli e’ entrato in politica, quella comunale, nell’ormai lontano 1983 quando fu eletto consigliere nel distretto 3, (Jane/Finch), nell’allora citta’ di North York.
“Erano gli anni nei quali moltissimi italocanadesi avevano preso residenza nella parte nord della citta’:era una comunita’ vibrante, piena di iniziative anche perche’ - ricorda sorridendo - c’era moltissimo entusiasmo anche grazie alla vittoria del campionato di calcio dell’81che, per la nostra comunita’ ha rappesentato una svolta...”.
Della prima elezione, Polsinelli ricorda come i risultati dei primi seggi, quasi tutti da complessi residenziali, lo davano per sconfitto...”Poi - spiega - sono arrivati i voti delle case e ho vinto grazie al voto degli italocanadesi”.
Due anni dopo, 1985, il salto dalla politica municipale a quella provinciale quando sono indette le elezioni provinciali alle quali il liberale Claudio Polsinelli si presenta nel distretto di Yorkview allora rappresentato da Mike Spensieri che aveva deciso di ritirarsi dalla politica attiva.
Claudio Polsinelli vince con 3.000 voti di vantaggio sul collega consigliere Mike Foster e i liberali formano un governo di minoranza che diventera’ di maggioranza , il primo dopo 50 anni, all’elezione del 1987 dove Claudio Polsinelli e’ riconfermato.
In quegli anni Claudio Polsinelli ricopre l’incarico di vice ministro del Lavoro, Affari Municipali, Tesoro e Giustizia.
All’elezione del 1990 - un’elezione anticipata senza necessita’ che costera’ al premier Peterson non solo la perdita del governo ma anche quella della leadership liberale - pure Claudio Polsinelli e’ vittima di quella ventata endippina che per la prima volta travolge l’Ontario.
“Sono stato in politica per un tempo troppo breve per riuscire ad ottenere dei cambiamenti che, secondo me, sono essenziali nel settore dell’assistenza sociale che non dovrebbe, come attualmente, essere divisa in settori, ma coordinata tra i tre livelli dei governi municipali, provinciali e quello federale”.
C’e’ in Claudio Polsinelli una certa soddisfazione quando, riassumendo la sua carriera politica, dice che “Sono sempre stato chiaro con i miei elettori dicendo quello che pensavo e questo - conclude sorridendo - per alcuni di loro e’ quello che un buon politico non dovrebbe mai fare...”.
Non siamo d’accordo con quei loro.
´Studia figlio mio: tutto nelle vita va e viene ma nessuno puo’ toglierti quello che hai imparato”. Sono le parole dei genitori italiani ad aver ispirato per tutta la vita il giudice Frank Iacobucci, membro della Corte Suprema del Canada dal 1991 .
Nato a Vancouver da Gabriele, abruzzese e Rosina Pirillo, calabrese, Iacobucci si e’laureato in British Columbia, e’ stato avvocato a New York, presidente della facolta’ di giurisprudenza di Toronto, titolare di cattedre nell’universita’ di Ottawa e di Victoria , ministro federale della Giustizia, insignito del titolo di Commendatore dall’Ordine al merito dal governo italiano e di lauree ad honorem da atenei di mezzo mondo. Sposato con un avvocato, Nancy Elisabeth Eastman. Ha due figli, una figlia e tre nipotini.
Intelligenza cristallina e umilta’ profonda, immune da spocchia o presunzione, Frank Iacobucci , nel nutrito firmamento italocanadese, e’ senza dubbio l’astro piu’ brillante. Padroneggia la lingua italiana con estrema disinvoltura e tra i tratti tipici del Belpaese ammira la passione, l’esaltazione dell’individualita’, il senso della famiglia e il calore umano.
Proprio in questi giorni, il magistrato e’ reduce da un incontro con le massime cariche del sistema giudiziario tedesco, ma con il suo stile sobrio e avverso alla retorica, minimizza l’episodio.´Le leggi fissano lo standard minimo per una societa’ civile ma non sono sufficienti per avere una societa’ illuminata”.
Come a dire che se al Canada si guarda con ammirazione, il credito non e’ solo della Corte Suprema, ma va distribuito tra i canadesi in generale. “Possiamo avere le leggi migliori del mondo ma se la gente non le segue, se manca la struttura morale di una societa’ tutto e’ inutile” spiega Iacobucci “Il sistema giudiziario canadese e’ molto rispettato all’estero perche’ gli avvocati hanno avuto il coraggio di difendere casi molto impopolari. I giornali hanno contribuito alla diffusione del dibattito ma soprattutto la gente e’ stata fiera del multiculturalismo e ha sostenuto nella pratica le leggi emesse a sua difesa. Questo ha ispirato il rispetto per la differenza, per l’abilita’ di ogni individuo di esprimere se stesso”.
Di incontri ne ha avuti tanti, di mani ne ha strette migliaia. Eppure tra tutte, dalla valigia dei ricordi estrae la faccia di un taxista di New York:”Aveva una cultura immensa -racconta - aveva letto tanti libri da farmi sentire in imbarazzo al suo cospetto. Ho un rispetto estremo per le persone che, prive della possibilita’ di conseguire un’istruzione ufficiale, se la formano da autodidatta”.
In questo ricordo e’ racchiusa la vera grandezza d’animo di questo giudice, che ancora oggi riesce a guardare all’essere umano, in generale, con la stessa ammirazione con cui si assiste a un miracolo. “Una persona, da sola puo’ fare una grande differenza. E’ stata una persona a salvare la Francia, una persona a inventare il vaccino per la poliomelite” commenta.
E il pensiero ritorna alle parole dei genitori. “ I loro tre insegnamenti non invecchiano: studia, lavora sodo e non disonorare la famiglia. Mi hanno condizionato in tutto. Li passero’ ai miei nipoti. Con un’aggiunta mia: rendi un servizio, non importa quanto umile o prestigioso , alla comunita’. Comincia da li’, dai il tuo contributo al miglioramento del mondo”.
Quando, nel 1957, ha aperto l’agenzia di viaggi, l’ufficio era nell’anticamera della sua casa a Clinton Ave. nella zona di College St, che, a quei tempi, era il punto di riferimento per le centinaia e centinaia di italiani che arrivavano a Toronto dopo un viaggio in nave, lo sbarco ad Halifax e ore e ore in treno.
“A quei tempi - ricorda Leonardo Cianfarani - non c’erano i patronati e cosi’ le agenzie di viaggio svolgevano anche, e soprattutto, un lavoro di tipo assistenziale perche’ piu’ che per un biglietto per viaggiare, la gente veniva da noi per pratiche, atti di richiamo, traduzione di documenti o anche e solo per farsi leggere una lettera...”. Un lavoro che era anche un impegno comunitario di ore e ore con a fianco la moglie, Maria Porretta, con la quale, “nella cattedrale di Sora”, precisa Leonardo Cianfarani, si era sposato nel 1960 e dalla quale ha avuto tre figli, Marco, Roberto e Gina che oggi gestiscono l’attivita’ iniziata dal padre Leonardo.
Leonardo Cianfarani era arrivato a Toronto nel 1953 riunendosi cosi’ al padre Giuseppe, alla madre Maria Ascenza e al fratello Domenico che lo avevano preceduto di quattro anni:Leonardo era rimasto nella natia Sora con la zia Teresa e frequentato il seminario con l’intenzione di farsi prete, una vocazione alla quale aveva poi rinunciato anche per l’opposizione dei genitori e cosi’, abbandonati gli studi classici, si era diplomato in ragioneria.
Appena a Toronto, oltre a lavorare in una fabbrica di televisori, si era iscritto all’Azione Cattolica cominciando cosi’ ad inserirsi nelle attivita’ della nostra comunita’ che, negli anni a venire lo ha visto coinvolto in moltissime iniziative come quella, e parliamo di molti anni fa, di raccogliere fondi per la traslazione in Italia della salma di Antonio Visco, un operai morto in un incidente sul lavoro a Windsor e che, per mancanza di soldi, stava per esssere seppellito in una fossa comune...
“Da quando sono arrivato a Toronto - dice Leonardo Cianfarani - ho sempre lavorato per la comunita’ e per il suo progresso” ed e’ un’affermazione facilmente dimostrabile ricordando le “battaglie” degli anni ‘50 per la Casa d’Italia, oggi sede del Consolato italiano, la fondazione del Sora Club che oggi ha 33 anni, l’impegno di Leoardo Cianfarani e di altri per far arrivare l’Alitalia a Toronto anziche’ solamente a Montreal com’era in quegli anni.
E si puo’anche aggiungere l’istituzione di borse di studio come quella dedicata a mons.Gaetano Squilla, uno studioso del Canada che Cianfarani particolarmente ammira.
Leonardo Cianfarani e’ delegato dell’Associazione Laziali nel mondo e, non potrebbe essere altrimenti, accesissimo tifoso della Lazio tanto di aver avuto un’auto targata col nome della squadra del cuore che, spiega scrollando la testa, gli e’ stata rubata lasciandogli anche a distanza di anni, l’interrogativo sull’identita’ del ladro: un romanista?
Quando nel 1996, un parlamentare Liberale, rinfaccio’ pubblicamente al suo “capo” - e Pimo Ministro del Paese - di non aver mantenuto una promessa, i suoi colleghi sorrisero e pensarono che di questo John Nunziata non avrebbero sentito piu’ parlare. Invece gli elettori, apprezzando la coerenza del “ribelle”, premiarono John Nunziata , che in quell’occasione lascio’ il caucus del partito piu’ grande del Canada, assicurandogli la rielezione quando, alla tornata successiva, si presento’ da indipendente. Ancora oggi Nunziata incarna, anche per chi non condivide le sue posizioni, l’uomo che ha osato rinunciare ai privilegi, in nome di una promessa fatta agli elettori . “Era l’unica cosa giusta da fare - minimizza oggi l’avvocato Nunziata, nel suo ufficio di Consulente per una societa’ di cacciatore di teste - e a me non piace guardarmi indietro. Mi interessa solo il domani”.
Un “domani” il suo , in cui si e’ posto ancora una volta una sfida impegnativa: ritornare in politica, dopo l’esclusione incassata nelle elezioni del 2000, per la poltrona di primo cittadino della metropoli piu’grande del Paese. “Dopo 16 anni alla House of Commons, sono convinto che quella a cui io mi candido e’ la carica piu’ importante. E’ in comune che si prendono le decisioni che condizionano maggiormente la qualita’ della vita della gente|”. E Nunziata e’ convinto che Toronto si meriti un’ amministrazione all’altezza del ruolo della citta’ e maggiore attenzione da parte della Provincia e del governo di Ottawa. “Idee, integrita’ e a autonomia di pensiero” sono i motti che definiscono il suo stile. “So gia’ che non a tutti piacera’ quello che dico, ma questo e’ cio’ in cui io credo e provero’ la validita’ della mia visione con i fatti. La priorita’ non puo’ essere quella di accontentare tutti. Un leader deve avere idee coraggiose per mettere fine al declino di questa grande citta’. Le persone riconoscono la validita’ delle idee. Si guardi alla stima che si e’ conquistato Giuliani a New York. “spiega il candidato sindaco.
La sorella, Frances, consigliere comunale da decenni, e’ stato il primo “italiano” a conquistarsi una poltrona di sindaco in una delle sei municipalita’ esistenti prima della creazione della Megacity. Sempre in famiglia, John ha attinto l’ispirazione per il suo carattere tutto d’un pezzo. Figlio di due emigranti approdati a Halifax nel 1951, a John non sfuggivano i sacrifici di Domenic e della madre Immacolata per crescere i sette figli.
“Determinato a ricambiarli con il successo negli studi, proclamava guerra a quanti lo distraessero dal suo proposito, fosse anche una sorella che ascoltava la musica ad alto volume” dice di lui Frances, ricordando le sfuriate a quanti facessero rumore mentre lui leggeva. Nonostante la totale dedizione ai libri, trova il tempo per la sua precoce passione: gia’ a dieci anni aiuta la campagna elettorale di un candidato italiano e da allora continua a impegnarsi in comitati e organizzazioni comunitarie. Ancora prima di laurearsi, trova il tempo per farsi eleggere a 23 anni, Alderman della municipalita’ di York e poi candidarsi alle elezioni federali. Da quel momento, una strada in salita e un carattere che ne fara’ uno dei deputati piu’ grintosi della House of Commons, per quattro legislazioni, fino al clamoroso divorzio dalla struttura partitica.
Al contrario di altri anonimi parlamentari di origine italiana, John Nunziata e’ conosciuto da tutti, anche da chi non lo ama:”Un leader valido non e’ motivato dalla ricerca del consenso a tutti i costi, ma dalla determinazione nel realizzare la propira visione. Cercare soluzioni che a priori accontentino tutti produce solo mediocrita’. Non e’ di questo che Toronto ha bisogno”.
Della sua carriera attribuisce il maggior merito alla moglie: “Se non ci fosse stata lei - afferma con un sorriso Riccardo Lovat - a sostenermi, a credere in me, ad aiutarmi nei momenti difficili, io non sarei qui”.
Recentemente Riccardo Lovat e’ stato insignito dell’onoreficenza di Cavaliere ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana, perché dotato di una “inventiva tecnica inesauribile, sostenuta da una visione e da una tenacia incrollabili egli ha progettato e poi costantemente migliorato la macchina escavatrice di gallerie che ha rivoluzionato le procedure costruttive dell’intero settore consentendo traguardi inimmaginabili in termine non solo di tempi e costi, ma anche e soprattutto di salvaguardia di vite umane”.
Appartenente alla quarta generazione di una famiglia di minatori, Riccardo Lovat gia’ in giovane eta’ e’ affascinato dalla costruzione di tunnel e scavi sotterranei dove suo padre, suo nonno, il bisnonno e gli zii sono impiegati. Nasce, nel 1928, in un paesino vicino a Sedico, in provincia di Belluno e frequenta l’Istituto tecnico Industriale diventando meccanico.
Il suo primo lavoro nel business delle gallerie arriva all'età di sedici anni, ma è tra il 1944 e il '49 che il giovane Lovat acquisisce un’esperienza decisiva non solo nella pratica della costruzione ma anche come caporeparto. Poi, nel 1951, all'età di 23 anni, dopo un periodo trascorso in Svizzera dove fa esperienza, ma allo stesso tempo non vede un futuro, Riccardo Lovat, ormai provetto meccanico, capace di comunicare facilmente in italiano, francese e tedesco, si trasferisce in Canada.
Tra il 1951 e il '63 lavora in diverse posizioni per un appaltatore di costruzioni sotterranee a Toronto, che stipula contratti nel nord e nel sud dell'Ontario.
Riccardo Lovat, ormai provetto meccanico e con una gran voglia di lavorare, ha cosi’ la possibilita di dimostrare le sue capacita’ che gli consentono in poco tempo di diventare il responsabile dei lavori e, allo stesso tempo, di studiare e svliluppare metodi di scavo innovativi, disegnando e fabbricando attrezzature utili a superare le difficoltà tipiche del lavoro sotterraneo e soprattutto metodologie più sicure per i lavoratori.
Nel 1963 fonda la Richard’s Machinery and Repair Ltd. che provvede alla riparazione e fabbricazione di macchine su ordinazione e, nel 1972, la Lovat Tunnel Equipment Inc. ideando, realizzando e brevettando sempre nuove macchine tra le quali la TBM (Tunnel Boring Machine) che porta il nome Lovat di cui sono stati costruiti oltre 200 esemplari impiegati in operazione di scavo in tutto il mondo:una di queste fu portata in nave a Catania per un progetto idrico.
Tra i progetti si annoverano le reti delle metropolitane di Washington e Caracas, tunnel di drenaggio e miniere di carbone in Canada, sistemi idrici in Gran Bretagna, gallerie di servizio sotto l’aeroporto di Barrajas in Spagna, e d i sistemi di drenaggio che scorrono sotto la Citta’ del Vaticano.
Opere eccezionali che hanno fatto entrare Riccardo Lovat e la sua ditta nel Guinness Book of Records anche per il primato della velocita’ delle attrezzature che servono per scavare tunnel.
Come riesca a immagazzinare tanta energia vitale in un semplice scatto fotografico, non si riesce a spiegare. Ma quel che appare evidente è che questa donna, come le sue foto, è un vulcano in piena. La maggior parte dei suoi insospettabili quarant’anni li ha spesi tra filtri, lenti e obiettivi.
Fotoreporter per Sun Corporation e per il Globe and Mail, fotografa ufficiale dei Toronto Maple Leaf, le sue originali sperimentazioni di tecniche inedite, in cui convivono fotografia e pittura a olio, le hanno conquistato pubblicazioni sui giornali piu’ prestigiosi del nordamerica e d’Europa. Dal Guerin Sportivo, a Max, a Time Magazine, Der Spiegel in Germania, Novi Tovar Magazine in Russia, non c’è caporedattore che non sia stato conquistato dal gioco di colori e di energia che la macchina fotografica di Silvia riesce a creare.
Eppure il successo non ha aggiunto nemmeno un pizzico di vanità al suo carattere travolgente e genuino, ereditato dalla madre bellunese Maria Luisa e da Benny, il papa nato in Dalmazia. E bellunese è anche l’accento con cui Silvia si esprime , in perfetto italiano: “La mia componente italiana è la passione. Nell’ arte o nel cibo o in qualunque altro campo, è l’entusiasmo che porta gli italiani a risultati eccelenti. E l’apertura mentale senza ipocrisie. Anche in Vaticano esistono quadri di nudi. Qui la mentalità vittoriana invece penalizza l’arte”.
Prima donna canadese a ottenere un’esposizione fotografica nell’ex Unione Sovietica, di questi tempi è impegnata ad allestire le prossime mostre, una a Desenzano, ridente e lussuosa località sul lago di Garda, dove la fotografa torontina ha appena fissato al sua seconda residenza e l’altra a Milano. Davanti al suo obiettivo hanno sfilato tutti i nomi più noti del mondo dello spettacolo della politica e dello sport, da Antony Queen, a Mike Tyson, da Don Cherry, a Wayne Gresky, per non parlare di Jacke Lamotta, Sugar Ray Leonard, Vasco Rossi, Joe Carter e Doug Flutie. Ma a parte Marcello Mastroianni «un uomo dalla signorilità ineguagliabile» dice Silvia, il suo cuore di fotografa è stata catturato dalla gente più semplice che ha avuto occasione di immortalare.
E’ grata alla sua professione per averla condotta nell’Artico, dove la generosità dei Nunavut l’ha commossa.
Uscira’ il suo nuovo libro, in autunno “ Hockey across Canada” . Sorridenti bambini Nunavut si godono la gioia dello sport. Le immagini piu’ delicate e poetiche che si siano mai viste di questa specialita¹ sportiva. E’la Pecota che le ha fatte. Non solo perchè ha scattato foto. E’ stata lei che, per riempire il tempo libero dei bambini di quella popolazione che l’aveva trattata come una figlia, ha organizzato una raccolta di attrezzature sportive e ha trasportato fin lassu’, in sei viaggi, quattro tonnellate di divise, pattini e mazze da hockey .
Quando qualcuno che lo incontra gli dice di essere contento di vivere a Vaughan si sente soddisfatto e di qualcuno, Michael Di Biase ne deve aver incontrato tantissimi da quel 1985 quando, per la prima volta, e’ stato eletto al Consiglio della citta’ che, come ormai tutti sanno, e’ above Toronto e, per i tantissimi italiani che ci vivono, si puo’ considerare la Big Little Italy del Canada.
“Sono entrato in politica perche’ mi piace vivere fra la gente e lavorare per fare di Vaughan una citta’ della quale tutti possiamo essere orgogliosi”.
Michael Di Biase, nato a Campobasso, e’ arrivato a Toronto quando aveva 12 anni insieme ai genitori Stefano e Amalia per raggiungere degli zii che in Canada si trovavano da diversi anni.
“In quegli anni - ricorda Michael Di Biase - l’Italia, purtroppo, offriva ben poco, erano tempi difficili e l’emigrazione era la strada per una vita migliore e una speranza per il futuro”.
A Campobasso, dopo le elementari aveva frequentato la prima media e, a Toronto, una volta superato velocemente l’handicapp dell’inglese, aveva terminato le scuole superiori per poi laurearsi alla York University e a quella di Toronto e per sedici anni insegnare alle scuole superiori economia e marketing.
Per mantenersi all’universita’ nei mesi estivi lavorava nella costruzione insieme al padre e nei mesi invernali era impiegato, come manager, in un Consumers Distributing e trovando anche il tempo per lo sport, con ilcalcio in primo piano nel quale, con l’andar degli anni, e’ passato da giocatore ad allenatore per finire tra i fondatori e tra i primi presidenti, 1982-85, del Woodbridge Soccer Club e, ancora oggi, presidente onorario del Woodbridge Azzurri.
Nel 1977, Michael di Biase, che quattro anni prima si era sposato con Eliana dalla quale ha avuto tre figli, Stephen, Adrian e Kristina, si stabilisce a Woodbridge dove, pur continuando ad insegnare si coinvolge sempre piu’ nella comunita’ che, come dice Michael Di Biase, “era vibrante, fertile di idee e iniziative e pronta ad impegnarsi per realizare un futuro per la famiglia...”.
Dopo la prima investitura a consigliere, alle elezioni successive, 1988, Michael Di Biase e’ eletto al consiglio regionale dove sara’ rieletto per tutte le successive elezioni e sempre con il massimo dei voti, fino ad essere nominato sindaco nel 2002.
In tutti questi anni Michael Di Biase ha seguito in prima persona la trasformazione di Vaughan da cittadina semi rurale alla citta’ di oggi che conta oltre 200.000 abitanti ed e’ tra le prime in Canada per lo sviluppo residenziale, commerciale ed industriale.
“Negli ultimi quattro anni - spiega Michael Di Biase - Vaughan e’ stata la citta’ che ha registrato il piu’ alto indice di costruzioni in Canada e cio’ viene a vantaggio di tutti i suoi residenti che possono godere di ottimi servizi e. strutture ricreative e sportive”.
Per Michael Di Biase si tratta anche di uno sviluppo che allo stesso tempo deve essere controllato per mantenere qui valori ambientali che fanno di Vaughan una delle comunita’ piu’ ricercate sia per chi la sceglie come luogo dove vivere.
Un lavoro incessante quello del politico Michael Di Biase, ma che nulla toglie alla comunita’, quella dei clubs es associazioni culturali e sportive che in Mike trovano sempre la persona disponibile e pronta a dare una mano quando c’e’ da relizzare iniziative a favore della gente.
«Secondo me qualsiasi governo, se non controllato, rischia di diventare l'espressione della bestia che si cela nell'essere umano». È così che Rocco Galati sintetizza la sua posizione come avvocato dello Stato. Arriva in Canada nel 1966 con la famiglia all'età di sette anni da Capistrano, in provincia di Catanzaro, settimo di otto figli sopravvissuti in Italia ai tredici avuti da sua madre. Il signor Galati senior aveva combattuto la seconda guerra mondiale, diventando prigioniero nei campi britannici e americani. Così quando decise di emigrare, pur avendo parenti in vari paesi del mondo, scelse senza esitazione il Canada.
Galati è oggi uno dei tre avvocati più noti e citati dai colleghi nell'ambito delle corti canadesi. I suoi successi nei tribunali diventano di continuo, infatti, precedenti storici per numerosi casi analoghi, soprattutto nel campo degli affari costituzionali e di diritto pubblico.
E pensare che la sua avventura scolastica è stata a dir poco tormentata. Al punto che dopo il grado 8, le scuole medie canadesi, anche per colpa delle difficoltà con la lingua, il suo insegnante lo bolla come ritardato mentale affibbiandogli l'epiteto scientifico di "imbecille".
Ritenuto uno studente di serie b, il giovane Rocco viene mandato a una scuola di due anni per imparare il lavoro manuale. Ma il suo sogno è la poesia, così impara il francese, e grazie all'incontro con un professore della McGill University di Montreal, frequenta il corso di Letteratura - dove si laurea a pieni voti - per iscriversi poi a Legge, anche se avrebbe preferito giornalismo, perché all'epoca era una delle facoltà meno razziste e più sensibili all'equità.
Oggi Galati parla cinque lingue, e si occupa solo di casi contro lo Stato. «La legge non è indiscutibile - sostiene - e quando è ingiusta va cambiata con processi legali». La sua "calabresità" gli ha consentito di imporsi nei tribunali brillando più dei paludati e arcinoti principi del foro canadesi. Alla corte suprema ha vinto numerosi casi per adeguare la giustizia canadese a quella internazionale, come nel caso di una mamma straniera che l'Immigrazione canadese avrebbe voluto deportare allontanandola dai propri figli, mentre la legge internazionale sostiene che questo non si può fare. E ancora, come quando è riuscito a fare approvare che se un ufficale governativo nega un diritto a qualcuno, che riguardi la libertà personale o il lavoro, debba mettere per iscritto le proprie ragioni. Ha inoltre fatto annullare diverse leggi costituzionali nel campo dell'estradizione e dell'immigrazione e ha fatto approvare la stipula dell'accordo internazionale sullo scambio di beni solo previa accettazione del parlamento.
Ha una grande soddisfazione - la sua splendida bambina, Miranda - mentre il suo sogno rimane quello di scrivere.
Quando nel luglio ‘98 si chiuse l’operazione Omerta’ con arresti in numerose citta’ europee, americane e canadesi e con Alfonso Caruana, il deus ex machina del gruppo Caruana-Contrera, uscire in manette da una casa di Woodridge diretto in prigione dove poi restera’ per molti anni, il piu’ soddisfatto era Ben Soave, allora ispettore e oggi Superintendente Capo dell’Rcmp, che aveva diretto l’operazione.
“Alla soddisfazione dell’operazione che e’ stata un grande successo anche a livello internazionale - dice Ben Soave - si e’ aggiunta quella di aver fatto qualcosa della quale la nostra comunita’ poteva andare orgogliosa...”.
A Toronto, Ben Soave, era stato trasferito nel 1996 con l’incarico di coordinare varie forze di polizia raggruppate poi come Combined Forces Special Enforcement Unit (Cfseu) e portare a termine l’operazione Omerta’ che, per mancanza di fondi, stava per essere annulata.
Oggi, sotto il comando di Ben Soave, il Cfseu e’ in prima linea per la lotta al crimine oganizzato a livello locale, nazionale e internazionale ed e’ diventato anche il “modello” di come, forze di polizia diverse, ma amalgamate in un’unica unita’, possono essere impiegate con successo per la lotta al crimine organizzato.
Dopo quel tragico 11 settembre 2001, a Ben Soave e’ stato anche affidato il comando dell’Inset, l’Integrated National Security Enforcement Team che ha il compito delle investigazioni antiterrorismo nella provincia dell’Ontario con l’esclusione della capitale federale.
Nei precedenti 15 anni, Ben Soave aveva ricoperto incarichi di collegamento e coordinamento a Singapore, Peru’ e Roma da dove era anche il responsabile per l’area del Medio Oriente.
Nato a S.Elia Fiumerapido, un paese in provincia di Frosinone, Ben Soave insieme alla madre Giuseppina, nel 1957 aveva raggiunto il padre Ferdinando che, pochi mesi prima, si era trasferito a Thunder Bay dove Ben Soave, dopo aver frequentato le scuole si era impiegato nel settore alberghiero e...”Conoscevo molti agenti dell’Rcmp e furono loro a convincermi ad arruolarmi anche perche’ ero italiano e percio’, secondo loro, il piu’ adatto a combattere la mafia e - aggiunge Ben Soave - a quei tempi per moltissimi canadesi gli italiani erano tutti mafiosi”!
Un’immagine che certamente Ben Soave ha contribuito a cambiare e per questo, quando si conclude un’operazione anticrimine per lui c’e’ la doppia soddisfazione:quella del poliziotto e quella di aver contribuito a cambiare la discriminatoria immagine della nostra e sua comunita’.
Oltre alle tante onoreficenze che Ben Soave ha ricevuto c’e’ anche quella di Cavaliere della Repubblica italiana:un riconoscimento piu’ che meritato anche se qualcuno certamente non sara’ d’accordo!
“...all’avanguardia nel settore della plastica e per aver intuito come questo materiale potesse essere utilizzato per realizzare abitazioni economiche e di conseguenza ridurre il processo di deforestazione.
Riconosciuto per la sua integrita’ e gentilezza e’ un generoso ed entusiasta sostenitore del Centro Meta per i disabili dello sviluppo e di tante organizzazioni caritatevoli e non a scopo di lucro nell’area di Toronto e Woodbridge”.
E’ la motivazione per il conferimento a Vic De Zen dell’Order of Canada:una frase che, in poche e succinte parole, “spiega“ Vic De Zen, quel Vic sta per Vittorio, giunto a Toronto il 2 novembre 1962 da Caerano, un paese del Veneto e con alle spalle un’esperienza di lavoro nel settore della plastica in Svizzera e, oggi e da molti anni, protagonista dell’impiego e dell’evoluzione della plastica della quale ha saputo anticiparne i moltissimi usi.
Come per moltissimi, anche per Vic De Zen l’inizio e’ stato duro:quando e’ arrivato all’aeroporto - non e’ la ormai clssica leggenda della valigia di cartone - aveva in tasca 20 dollari, prestito di una zia e, come ricorda, “Ho lavorato duro, anche di domenica e senza mai contare le ore, perche’ erano tempi difficili...”.
Grazie alla sua esperienza, trova lavoro in una piccola azienda, la Pillar Plastic, dove si mette in luce per la sua capacita’ di costruire stampi, cosa difficile da trovare in Canada tanto che molte ditte canadesi e americane si rivolgevano in Europa pagandoli a peso d’oro...E’ nel maggio 1970 che Vic De Zen, con Domenic D’Amico e Lorenzo De Meneghi e con un investimento di 50.000 dollari (!) fonda la Royal Plastic con la voglia di arrivare, anche se cio’ costa ancor piu’ ore e il tutto con una paga di 45 dollari alla settimana!
In quegli anni il settore della plastica era in evoluzione e Vic De Zen, grazie alla sua esperienza ed inventiva ne seppe approfittare studiando nuove formule di lavorazione e ideando e brevettando anche macchinari.
A distanza di oltre trenta anni, la Royal Plastic del 1970 e’ il Royal Group Technologies Limited di oggi:un’azieda a livello internazionale con filiali in tutto il mondo che impiega 9.000 persone 6.000 delle quali in Canada e che immette sul mercato prodotti sempre nuovi e, in modo particolare, collegati al settore residenziale e commerciale oltre a, come in Messico e altri paesi del centro America e dei Caraibi, alla costruzione di case.
Il successo imprenditoriale per Vic De Zen non e’ fine a se stesso, ma e’ anche una maniera per aiutare chi ha bisogno:diciotto anni fa, su iniziativa di Vic De Zen, veniva formata la Eoh Meta Foundation che provvede a programmi assistenziali per persone handicappate che cosi’ possono vivere in modo indipendente.Per raccogliere fondi la Eoh Meta Foudation organizza il Family Walk and Run che quest’anno e’ giunto alla seconda edizione.
Naturalmente la Eoh Meta non e’ la sola organizzazione che puo’contare sull’aiuto di Vic De Zen...” Per me - dice - e’ importante aiutare chi ha bisogno e le iniziative della nostra comunita’”.
L’attivita’ imprenditoriale di Vic De Zen e’ stata ampiamente riconosciuta:nel 1988 e’ stato nominato Uomo dell’Anno dalla Society of the Plastic Industry of Canada;nel 1995, scelto tra mille candidati quale Canada Entrepreneur of the year dal Governatore Generale del Canada e la lista potrebbe continuare a lungo.
Vic De Zen ha raggiunto il successo, ma e a differenza di altri, e’ rimasto il Vic De Zen del suo arrivo in Canada:una signorile modestia che quanti lo conoscono gli riconoscono e, a chi lo incontra per la prima volta fa esclamare “Ma come, con tutto quello che ha e’ anche gentile”!
E’ Vic De Zen.
Per due volte usa la frase sono stato fortunato..:la prima ricordando quando,undicenne, era arrivato a Toronto e dalla quinta elementare fatta in Italia era stato retrocesso alla terza perche’ non conosceva l’inglese.
La sua fortuna, una maestra che lo prende in simpatia e gli insegna la nuova lingua anche nei tempi fuori orario...
La seconda fortuna ha sicuramente segnato la sua vita perche’, giovane guardia giurata diciannovenne che fa la ronda a Yorkdale, incontra l’allora detective Frank Barbetta che nel 1978 diventera’ vicecapo della polizia di Toronto e che, sette anni dopo, lascera’ vittima del bigottismo che sbarrava la strada a molti italocanadesi...
“E’ stato Barbetta - dice Julian Fantino - che mi ha convinto ad entrare nella polizia ed e’ sempre stato prodigo di consigli anche quando aveva lasciato la polizia...”.
Ed e’ cosi’ che Julian Fantino ha cominciato la sua carriera di poliziotto per...23 anni nella polizia di Toronto passando dalla pattuglia in divisa, alla squadra antidroga qualche volta fingendo di essere tutto meno che un poliziotto, alla squadra omicidi fino a essere nominato capo del distretto nella difficile zona di Jane e Finch e nel 1991 un, o meglio, il candidato per sostituire Bill McCormack, il capo della polizia ormai avviato alla pensione!
Una promozione che, visti i suoi precedenti, era data per sicura, ma ancora una volta bloccata dal bigottismo.
Fantino ricorda una telefonata di Frank Barbetta”Tieni duro, Julian...”.
Nel 1991 Julian Fantino assume il comando della polizia di London per poi, nel 1998, quello della polizia della regione di York dove restera’ solamente per meno di due anni, un tempo pero’ sufficiente a portare radicali cambiamenti nella struttura organizzativa che e’ seguita ancora oggi.
La maggioranza dei poliziotti della York Region protesta e sono invece piu’ che soddisfatti quelli di Toronto, quando nel 2000 Julian Fantino - conosciuto ormai come il supercop - lascia la Regione per diventare capo della polizia di Toronto.
Questa volta tutto e’ andato in maniera diversa dal 1991:la nomina di Fantino avviene senza che egli sottoponga il suo nome e l’unica voce contraria non e’ neppure presa in considerazione.Finalmente qualcosa e’ cambiato anche a Toronto!
“Toronto - dice Julian Fantino - e’ una delle citta’ piu’ sicure al mondo, ma io voglio che diventi la piu’ sicura” e cio’ lo impegna su diversi fronti non solo in quello che e’ la lotta alla criminalita’, ma alla prevenzione che lo porta, spesso in giro per il mondo per meglio conoscere la realta’ viva di altri paesi che puo’ aiutare a creare dialogo con le comunita’ che vivono a Toronto come recentemente e’ accaduto per la comunita’ giamaicana.
“Riuscire a creare un dialogo costruttivo e’ importantissimo in una citta’ come Toronto dove convivono cosi’ tante etnie”.
Julian Fantino e’ stato anche - lunghissimo l’elenco degli incarichi che ha ricoperto - presidente dell’Ontario Association of Chiefs of Police e presidente della Canadian Association of Chiefs of Police Organized Crime Committee e ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra i quali, recentemente, quello di Commander of the Order of Merit of Police Force.
Quello di capo della polizia di Toronto e’ un lavoro impegnativo...”Che porta via tanto tempo alla mia famiglia che pero’ comprende e mi e’ sempre vicina”.
E il futuro?
Julian Fantino non fa previsioni:”Fino a marzo 2005 saro’ il capo della polizia...”.
E poi? Lasciamo al lettore immaginare visto che le aperture sono tantissime e di Julian Fantino non abbiamo ancora visto tutto!
Certamente per Matthew (Matteo) Melchior quella di sabato 31 maggio e’ stata una giornata con un significato particolare perche’ ufficialmente si e’ dato il via alla costruzione del Friuli Long Term Care Facility , una casa di riposo per 168 anziani che hanno bisogno di una particolare assistenza che non puo’ piu’ essere garantita dalla famiglia - che sara’ costruita tra l’edificio della Famee Furlane e il Friuli Terrace - e di cui Melchior e’ il chairman.
Vice-presidente del RamLand Group of Companies, un’organizzazione attiva da 50 anni nel settore immobiliare, e’ sposato con Lisa, ha due figli, Nicole ed Ella, ama il golf e lo sci. Il progetto Friuli Long Term Care Facility per Matthew Melchior, significa “Impegnarsi a realizzare qualcosa che e’ un riconoscimento a quello che i nostri anziani hanno fatto per la nostra comunita’ e che non devono essere lasciati soli nel momento del bisogno...”.
Matthew Melchior e’ nato 37 anni fa in Canada , cosi’ come in questo paese sono nati il padre Albert di origine friulana e la madre Valia Fidani di origine molisana, e percio’ e’ un italocanadese parte di quella generazione che, in gran parte, sembra staccata dalla comunita’.
Cosi’ non e’ per Matthew Melchior che dice:”Fin da giovane sono stato coinvolto nelle diverse iniziative e manifestazioni della Famee Furlane e ho un grandissimo rispetto per i tanti che si sono impegnati per far progredire la nostra comunita’”.
Una comunita’ come quella friulana della quale Matthew Melchior conosce bene la storia, quella di quando ancora non era nato, ma che tira fuori riferendosi al Friuli Long Term Care Facility:”Come molti anni fa , quando alla denominazione della Famee Furlane era aggiunto Societa’ di Mutuo Soccorso, oggi, e ce lo dicono le statistiche, abbiamo tante persone della nostra comunita’ che hanno bisogno di aiuto e noi non possiamo lasciarli soli...Ricordiamoci di quanto hanno fatto per noi”!
Al di la’ dell’ufficialita’ delle cerimonie c’e’ l’intenso lavoro di Matthew Melchior e dei tanti che collaborano per raccogliere i fondi necessari alla costruzione:
”Il costo - spiega Matthew Melchior - e’ di venti milioni di dollari e tre dovranno essere raccolti nella nostra comunita’, ma sono sicuro che ce la faremo ed il prossimo anno tutto sara’ una realta’...’’.
Ne siamo sicuri.
E stato proprio questa settimana che il Vice-Brigadiere in congedo dell’Arma dei Carabinieri Tonino Giallonardo e’ stato riconfermato per la quarta volta presidente della sezione carabinieri M.M.Marchionne Concezio, formatasi nell’ormai lontano marzo 1973 della quale e’ stato consigliere fino al 1983, poi vice presidente nell’84 ed eletto presidente nell’anno successivo.
Una carica sicuramente impegnativa nella quale Tonino Giallonardo si distingue “per lo spirito di intraprendenza e le grandi capacita’ organizzative...Riuscendo a stabilire con le autorita’ di polizia legami di stima e collaborazione di cui si avvantaggia l’intera comunita’ italocanadese”:cosi’ e’ scritto nella “segnalazione” per la concessione del grado di Cavaliere al merito della Repubblica Italiana conferitogli nel1993.
Nato a Villa S.Lucia degli Abruzzi in provincia de L’Aquila, il dicianovenne Tonino Giallonardo, terminati gli studi classici, si era arruolato nell’Arma dei Carabinieri nel 1949:per la precisione nel settembre di quell’anno e, neppure un anno dopo, luglio 1950, faceva parte delle Forze Speciali dislocate in Sicilia e presente quando il bandito Giuliano fu ammazzato a Castelvetrano.
Sempre nello stesso anno frequenta la Scuola Allievi Sottufficiali di Moncalieri e due anni dopo Tonino Giallonardo e’ promosso V.Brigadiere con incarichi diversi, in posti diversi come quelli ai confini d’Italia che gli davano l’occasione di ”controllare” personaggi illustri...
“Ricordo, quando Fausto Coppi si era separato dalla moglie e - racconta Tonino Giallonardo - Gino Bartali che mi disse che “certe” cose lui non le avrebbe mai fatte! Rossellini che mi fece provare la sua Ferrari e mantenne la promessa di farmi conoscere Ingrid Bergman e un nostalgico Palmiro Togliatti che accompagnai a rivedere il lago del Moncenisio che, dopo la guerra, era passato in mani francesi...”.
Nell’agosto 1956 Tonino Giallonardo deve decidere tra l’Arma dei Carabinieri e la famiglia:si sposa e con un figlio e dopo un periodo di lavoro a Torino, si trasferisce in Canada dove gia’ si trovano i genitori e i fratelli e, dopo il solito apprendistato,diventa titolare di un’impresa meccanica per l’installazione e la riparazione di gru elettriche.
Imprenditore si, ma lo spirito di quel dicianovenne che diventa carabiniere ritorna quando risponde alla domanda se, notizia di questi giorni, era giusto liberare il pentito Enzo Brusca:”No”
E tutti son d’accordo!
E’ arrivato a Toronto quando aveva 17 anni e oggi, a quarant’anni di distanza a chi gli chiede quali sono le sue nostalgie, Angelo Baldassarra risponde:”I miei genitori, mio fratello e il mio paese...”.
Quel paese e’ Veroli che, se ricco di storia millenaria - la sua fondazione risale al XII secolo ante Cristo - non lo era altrettanto e purtroppo, nell’offrire opportunita’ di lavoro ai tanti giovani che, come Angelo Baldassarra, alla voglia di lavorare aggiungono anche quella di arrivare!
E, anche per Angelo Baldassarra, appena in Canada, c’e’ la gavetta dell’imparare un mestiere.
”Ho cominciato come apprendista saldatore elettrico poi, in una ditta di friulani, come carpentiere ...”.
Ed e’ con quel mestiere, ieri molto piu’ pesante di oggi, che Angelo Baldassarra insieme al fratello Carlo, entra nel mondo dell’imprenditoria con la Four Brothers Carpenter che e’ stata il punto di partenza che poi portera’ alla Greenpark Homes, una delle storie di successo della nostra comunita’, della quale e’ vice presidente.
Presidente e amministratore delegato dell’History Hill Group specializzato in costruzioni commerciali, Angelo Baldassarra e’ anche presidente della Premier Ceramics, una delle piu’ importanti aziende importatrici di ceramica e porcellana in Canada il che l’obbliga a frequenti viaggi all’estero:”Viaggio e scelgo - spiega Angelo Baldassarra - naturalmente con un occhio di riguardo alla produzione italiana che oggi deve stare attenta alla concorrenza della Spagna e di altri paesi...”.
Imprenditore impegnato, Angelo Baldassarra riesce anche a trovare il tempo per essere presente e partecipe alle tante attivita’ comunitarie tra le quali, sottolinea con un giusto orgoglio, quella di essere tra i fondatori di Youth Bocce Canada che e’ all’avanguardia per l’inserimento a livello scolastico e nazionale di squadre di bocce di giovani disabili.
Naturalmente non c’e’ da dimenticare il calcio, una volta giocato e oggi seguito da tifoso, specialmente quando gioca il figlio Bruno che, con Litia e Paola sono i figli che ha avuto dalla moglie Anna, sposata nel 1972.
Per i giovani Angelo Baldassarra e’ prodigo di consigli e anche qualche rimprovero:”Oggi invece di dirti quello che sanno fare ti chiedono quanto si e’ pagati...Invece bisogna dimostrare quello che si sa fare, programmare il prorpio futuro con gli obiettivi che si vogliono raggiungere, non aver paura ed essere pronti a sacrificarsi...”.
E la fortuna?
“Un po’ di fortuna aiuta - ammette Angelo Baldassarra - Ma anche questa non e’ sufficiente se non si ha voglia di impegnarsi e lavorare...”.
E, se lo dice Angelo Baldassarra c’e’ da credergli!
Quando arriva in Canada, nel 1956, Pal-macchio Di Iulio ha pochi anni e troppe let-tere nel nome, che vengono presto sacrificate sull’altare dell’anglofonia e diventa per tutti. Ma la differenza tra S.Elia Pianisi, in provincia di Campobasso, e la nuova Toronto, certo non lo sgomenta perche’ “ Sono sempre stato un animale solciale”, dice.
La prima sfida per il ricciolino di sette anni,e’ cercare di “soffiare il posto” al bambinetto che da il benvenuto ai nuovi emigranti.
“Quello volevo essere io, quello che va a prendere sulla porta i bambini di altri paesi e li introduce al nuovo mondo”.
A scuola, il progetto non gli riesce e “La maestra ha continuato a dare l’incarico a un bimbo slavo che parlava perfettamente l’italiano”.
Il desiderio, inappagato, di creare il contatto tra le cultura, di favorire l’integrazione vera, muove tutti i suoi passi nella vita adulta: “Anche all’universita’, al St. Michael College, piu’ mi immergevo nella vita culturale di questo paese, piu’ mi sentivo guardare con stupore, perche’ ero il primo, ero l’unico wap. E’ difficile da credere, oggi, ma per la maggioranza noi eravamo mafiosi, o, nella migliore delle ipotesi, un popolo di manovali..”.
Quando il giovane intellettuale, impegnato in manifestazioni antiVietnam e nell’accoglienza dei rifugiati, incontra gli ideatori del futuro Columbus Centre, la sua vita cambia direzione.”Elio Madonia, Joe Carrier e soprattutto Tony Fusco volevano creare un servizio e dimostrare, in concreto, che anche gli italiani potevano realizzare istituzioni all’avanguardia. La loro visione mi ha conquistato e mi sono buttato a capofitto nel volontariato al loro fianco”.
Nel frattempo Pal Di Iulio si e’ sposato con Mary Grace Labricciosa e ha tre figli poco piu’ che adolescenti.
Da 19 anni, e’ approdato al timone, nella veste di amministratore delegato direttore del Columbus Centre ormai un gigante centro del non-profit, con 600 dipendenti e 40 milioni di dollari annui di budget.
Basta ususfruire di un programma qualunque del Columbus Centre per ricavarne le convinzioni e la filosofia di chi lo dirige.. Dalla casa di riposo, Villa Colombo, all’asilo, alla frequentatissima palestra, a Casa del Zotto, alla Joseph D. Carrier Art Gallery, dai corsi di cucina, ai gruppi per donne sole, a quelli per alcolisti ai centri di aggregazione per emigranti Somali, il Columbus Centre e’un’ istituzione che incarna un moderno Rinascimento. Un’istituzione che non innalza muri e barriere ma che invita la collettivita’ intera ad attingere a quanto c’e’ di buono in una storia tanto ricca e tanto multiforme quanto quella italiana.
La stessa visione che ha reso celebre l’istituzione di Dufferin & Lawrence, sara’ quella del nuovo centro che si costruira’ da questa primavera a Vaughan, e che si chiamera’ Villa Colombo/ Di Poce Centre:” Il mio lavoro e’ sempre stato contro il pregiudizio antiita-liano come contro quello anti -canadese. I nostri figli saranno cittadini del mondo. Nessuna generazione, in tremila anni di storia della nostra societa’, ha operato un cambio di vita e di mentalita’, in un arco di tempo cosi’ ristretto, come quello degli emigranti. Questa e’ la nostra eredita’”.
In uno dei pomeriggi trascorsi dalle suore di Marano Marchesato, com'era consuetudine e obbligo per le ragazze di allora, la quindi-cenne Marta Molinaro sente bussare alla porta. Si precipita ad aprire e una ricciolina di due o tre anni, le si butta tra le braccia e co-mincia a chiamarla "mamma".
Quell'episodio deciderà la vita e la vocazione di quella che oggi tutti conoscono come Suor Marta.
" La madre l'aveva abbandonata, forse per darle un futuro - ricorda ancora commossa - l'abbiamo battezzata quel giorno stesso e l'abbiamo chiamata Cesira".
Da quel momento la giovane calabrese decide di dedicarsi a far ritrovare il sorriso agli orfani. A diciannove anni veste il velo delle Suore Minime della Passione, un ordine che si occupa dei poveri e dell'infanzia abbandonata.
Ma lei, suor Marta, riesce a vedere il lato positivo anche nelle storie di disperazione estrema. Racconta di Anna, un' altra neonata abbandonata e della madre che viene a riprendersela 22 anni dopo, perchè era stata la miseria a csotringerla a quella scelta dolorosa.
Snocciola nomi, aneddoti, il carattere di tutti i bambini che lei ha aiutato a diventare uomini e donne responsabili. Nell'orfanatrofio di Marano Marchesato, vicino a Catanzaro, suor Marta rimane fino alla partenza per il Canada, che negli anni '50 era la meta di tante famiglie calabresi.
Suor Marta decide di fondare un asilo, il Sister Luigina Mazza, su Vaughan Road. Lì gli emigranti potevano lasciare i bambini in mani sicure:pagavano se potevano.
Rimarrà aperto 30 anni, fino alla dolorosa chiusura del 2000, dopo un ictus e la salute di suor Marta che si fa sempre più cagionevole.
Ancora oggi, nella sua nuova casa di Woodbridge, accanto alla Chiesa del SS. Crocifisso nuova di zecca, comunque lei è un punto riferimento : “Quante lacrime ho visto versare in questa terra”, racconta.
Di fronte a lei piangevano anche gli uomini, i padri di famiglia. “In una casa vivevano tre famiglie, piene di bambini urlanti, sotto lo stesso tetto. Dormire? Impossibile! Poi lavoravano sempre e la tensione e la stanchezza li faceva riempire di nostalgia e domande angoscianti sul futuro”.
I suoi consigli sono sempre pieni di senso pratico. Conosce la vita, suor Marta.” Ora non c'è più tanta miseria ma anche all'interno delle case lussuose, c'è una solitudine infinita. E a una persona depressa, o che vive episodi di violenza in famiglia, non puoi dire soltanto di pregare. È' ovvio, no”?
Grazie, suor Marta.
Il cav. Giuseppe Simonetta s’identifica, insieme ad altri, con la processione del Cristo Morto del venerdi’ santo che, iniziata per la prima volta nell’ormai lontano 1962, oggi e’ la piu’ grande manifestazione religiosa del nord America:centinaia di persone ne sono i protagonisti viventi e migliaia e migliaia quelle che, non importa se sole o pioggia, si assiepano lungo i marciapiedi della Little Italy di College per assistervi ed e’ ormai una tradizione passata da una generazione all’altra. “Quello che mi fa piacere - dice Giuseppe Simonetta - e’ il vedere tanti giovani che partecipano, il che significa che lo spirito che ci ha animato tanti anni fa quando la processione e’ iniziata, continuera’ nel tempo...”. Giuseppe Simonetta e’ arrivato in Canada nel 1954 dopo essersi congedato dall’Arma dei carabinieri dove era entrato nel 1946 quando aveva 18 anni:”Erano tempi difficili, la guerra era appena finita...”
“Ho prestato servizio a Milano eppoi a Roma dove, essendo giovane, ero stato impiegato nei servizi di scorta dei politici come Alcide De Gasperi, Palmiro Togliatti e anche, Enrico De Nicola, il primo presidente dell’allora nascente Repubblica italiana”.
A convincerlo a lasciare l’Arma per il Canada era stata la moglie, Maria che aveva raggiunto a Timmins dei familiari e che aspettava il primo figlio, Emilio, al quale ne seguirono altri sette. Da Timmins a Toronto il passo e’ breve e Giuseppe Simonetta, una volta nella capitale dell’Ontario, oltre a trovare un lavoro provvisorio come meccanico alla Massey Fergurson, si e’ coinvolto con la comunita’.
“Mi ero aggregato alla chiesa di Montecarmelo, dove c’era padre Jarvis e con alcuni amici come Nino Policapelli e Bruno Suppa raccoglievamo cibo e indumenti che distribuivamo agli emigrati appena arrivati...”.
Se la vita italiana del ‘46 era difficile, non era certamente facile quella dell’emigrato dei primi anni del ‘60...Specialmente se era sportivo e tifoso di calcio!
“I poliziotti non ci permettevano di parlare di calcio sui marciapiedi di College - ricorda Giuseppe Simonetta - e cosi’ aprii il primo Bar dello Sport che si trovava all’angolo di College e Clinton”.
Naturalmente la televisione a quei tempi non esisteva e i clienti del Bar dello Sport dovevano accontentarsi di una radio ad onde corte, “usata e pagata 15 dollari”, per seguire la cronaca in diretta del mitico Nicolo’ Carosio.
E, a quei tempi, era il piu’ bel regalo che si potesse fare agli sportivi!
La comunita’ e’ stata al centro dell’attivita’ di Giuseppe Simonetta:membro del Congresso degli Italo-Canadesi, rappresentante dell’Anfe, Associazione Nazionale Famiglie Emigrati e segretario generale per il Canada della Federazione Ex Combattenti Alleati;direttore del Patronato Ipas-Ancol, presidente del Circolo dell’anziano Le Caravelle, direttore del Centro Assistenza Famiglie Italiane, notaio pubblico...
E percio’ l’onoreficenza di Cavaliere Ufficiale al merito della Repubblica italiana, assegnatagli nel 1997, e’ piu’ che meritata!
Di Carlo Baldassarra si potrebbe anche dire che e’ una persona che da’ i... numeri.
Infatti, ogni volta che lo si incontra, anche a poca distanza di tempo, il numero delle case che la Greenpark ha costruito cambia: qualche tempo fa erano 42.000, adesso e per ora, sono gia’, come dice lo stesso Carlo Baldassarra, “oltre 45.000...”.
Per un amante del Guinness sarebbe interessante calcolare tutte quelle “oltre 45.000 case”, messe una dietro l’altra quanti chilometri fanno....Certo una lunghissima distanza dalla prima, ancora non si chiamava Green park, che nel 1966, Carlo Baldassarra si e’costruito quasi da solo visto che il mestiere del carpentiere l’aveva imparato in Canada dopo il suo arrivo da Veroli nel 1958 quando “avevo 19 anni e mezzo”.
“Pieno di voglia di lavorare e ambizioso” come si descrive lo stesso Carlo Baldassarra trova subito lavoro in un’impresa edile e fa un rapidissimo apprendistato visto che, in solo 18 mesi, ne diventa il direttore dei lavori
Nel 1963 Carlo Baldassarra apre una parentesi in quella che sara’ la sua vita nel mondo della costruzione:si fa raggiungere dalla sorella Alberta e il fratello Angelo, si sposa con Angela, conosciuta a St.Clair e, con il cognato e un amico, apre a Dufferin St. il Veroli Supermarket.
Un’attivita’ di successo che, se impegnativa e’ anche troppo monotona per un Carlo Baldassarra che aspira a qualcosa di piu’.
E cosi’, venduto il Veroli Supermarket, con la sua parte del ricavato della vendita, Carlo Baldassarra acquista un terreno e con il fratello Angelo e due cugini fra loro fratelli, entra nel mondo della costruzione con la Four Brothers Carpenter.
Nel 1967 l’incontro con il costruttore Jack Wine con il quale Carlo Baldassarra entra in societa’ dietro la spinta della moglie Angela e un...mutuo di 15.000 dollari sulla casa!
Nasce cosi’ la Carene Construction alla quale si associa anche Phillip Reichstman e, quando le case costruite passano dalle 6 del 1968 alle 23 di due anni dopo e l’aumento sale in proiezione geometrica...
E’ il tempo di Greenpark che oggi e’ la piu’ grande impresa di costruzioni residenziali del Canada e anche un motivo d’orgoglio per la nostra comunita’.
“Non e’ solo per il numero di case che costruiamo che ci sentiamo orgogliosi - sottolinea Carlo Baldassarra - ma e’ anche per come queste case sono costruite e la qualita’ del nostro lavoro...”.
Felicemente sposato, Carlo Baldassarra ha tre figli, Mauro, Armando e Mike ed e’ il felice nonno di Julian, Sophia, Gabriele, Arianna, Carlo e Daniel ai quali, dice “presto tutta la mia attenzione e affetto...”.
E, aggiungiamo noi, anche quanto e’ stata la base del suo successo:”La voglia di lavorare, l’ambizione e la volonta’ di riuscire a raggiungere quelli che sono gli obiettivi che uno desidera e il farlo in maniera - sottolinea Carlo Baldassarra - che si possa sempre essere fieri del nome che si porta”.
Presidente ormai da 11 anni della Federazione Veneta che comprende i club e le associazioni venete dell’Ontario, Domenico Angaran dice che “c’e’ ancora tanto da fare”...come se finora non si fosse fatto niente o quasi in quel Veneto Centre che e’ diventato, dal luglio 1990 quando e’ stato inaugurato, il punto di riferimento non solo dei veneti, ma anche di altre comunita’.
Domenico Angaran, lasciando Fonzaso, “un paese piccolo e povero” in provincia di Belluno, si e’ trasferito in Canada quando aveva 19 anni e raggiunto una sorella che lo aveva preceduto sulla strada dell’emigrazione e che abitava ad Edmonton.
Edmonton:una bella citta’ che offre tanto, ma non abbastanza per Domenico Angaran che come dice “ama stare in mezzo alla gente” e con tanta voglia di mettere in pratica quanto aveva imparato in Italia come tecnico di impianti elettrici e cosi’, dopo meno di un anno, ritorna a fare le valigie e si trasferisce a Toronto dove comincia la routine del primo lavoro, il secondo e alla fine, siamo nel 1979, si mette in proprio:oggi e’ titolare di una ditta di impianti elettrici industriali e commerciali.
Pur impegnato nel lavoro, Domenico Angaran trova anche il tempo per inserirsi nella comunita’ partecipando alle attivita’ della Famiglia Bellunese e seguendo in prima persona, anno per anno, quel lungo e spesso travagliato processo, comune a tutte le comunita’, di riuscire ad unirsi.
E il Veneto Centre, e’ diventato il simbolo di quell’unione che, in numero, come fa rilevare Domenico Angara e’ rappresentata da oltre mille famiglie alle quali bisogna aggiungerne altre 230 “giovani”.
All’edificio del 1989 che con il suo padiglione all’aperto - primo nel suo genere- e’ diventato il posto preferito per migliaia di picnic, si e’ aggiunto il centro sportivo, Il Rialto, la sala per banchetti e, recentemente, La Fenice, realizzata come punto di collegamento culturale tra i veneti del mondo e la regione d’origine e, importantissimo per Domenico Angaran, “dove i nostri giovani possono ritrovarsi e sentirsi sempre parte della nostra comunita’”.
Ce ne’ abbastanza per diventare un past president ?
Cosi’ non sembra per Domenico Angaran che spende almeno due giorni alla settimana al Centro Veneto.
“C’e’ ancora molto da fare perche’- spiega Domenico Angaran - dobbiamo pensare anche ai nostri anziani...”.
Il che significa, senza che Domenico Angaran lo spieghi, che prima o poi, oltre a Rialto e La Fenice, bisognera’ trovare un terzo nome!
Buon lavoro e auguri.
Sembra di vederla, Maria Augimeri ragazzina, che si avvia verso l'ascensore dell’appartamento in cui vive mentre la voce della madre rimbomba sul pianerottolo. La donna cerca di convincerla a non uscire tutte le sere per partecipare a interminabili riunioni e assemblee.
“Con te o senza di te sempre giorno fa” le dice:saggezza popolare condensata in un proverbio italiano. Quell¹italiano che Maria ha imparato a Paola (Cosenza) dove ènata e che ha sempre coltivato con devozione anche dopo il trasferimento a Toronto, all’età di due anni.
E’ preoccupata e orgogliosa nello stesso tempo, la madre Vittoria perche’ Maria, questa figlia di emigranti non ha mai perso l'occasione per far sentire la sua voce in ogni dibattito o polemica che si accende nella scuola...
“Aveva voti altissimi - ricorda mamma Vittoria - ma , finiti i compiti, certo non si metteva a giocare con le bambole. Era sempre lì, in mezzo alla mischia. Dove c¹era un problema o un¹ingiustizia, lì c’era lei, Maria...”.
L'interesse per la politica era tutt¹altro che una passione passeggera per la giovane Augimeri. Si laurea con lode all’università di York, ma realizza presto che la carriera accademica non fa per lei: “In effetti ho insegnato antropologia all¹università - racconta oggi - ma c’erano troppe cose che mi indignavano, là fuori nel mondo. Sentivo dentro di me l¹esigenza di cercare di correggerle”.
Dopo anni di impegno comunitario, la prima ratificazione ufficiale del suo ruolo avviene con l¹elezione come fiduciario scolastico in un provveditorato di North York, nel 1982. E poi, una strada in salita, costellata di tappe significative.
Consigliere comunale, sempre a North York, e poi della Toronto Metro, fino alla posizione attuale: rappresentante di Downsview, una delle aree a più alta concentrazione di italiani della Megacity.
“Amo il mio lavoro, nonostante non mi dia tregua. Il governo municipale è quello che riceve la porzione inferiore di tasse, ma è quello che condiziona di più la qualità della vita della gente” afferma Maria Augimeri mentre s'infila in una porta di City Hall in una delle tredici commissioni di cui fa parte.
Dalla tutela dell’ambiente, ai programmi ricreativi per la gioventù, dalle attività pergli anziani alle biblioteche per gli emigranti. non c¹è niente che non prenda sul serio.
Oggi anche la madre è contenta che la figlia non le abbia dato retta. “Le vedo la soddisfazione negli occhi. Anche quando è stanca. Non sa fare le cose a metà. Come ama appassionatamente la sua famiglia, il marito Odoardo Di Santo e i figli, Vittoria e William.Tanto è grintosa e combattiva nella vita, tanto è dolce e angelica tra le mura domestiche”.
Dice mamma Vittoria.
“Con una semplice valigia di cartone piena di poche cose, ma di tante ambizioni, presi la strada dell’emigrazione...”.
Cosi’ Franco Falvo descrive la sua partenza da Lamezia Terme quando, nel 1970, decise di raggiungere a Toronto il fratello Nicola:in Italia si era diplomato come perito industriale e, anche senza molto entusiasmo perche’ “non mi piaceva ritornare sui banchi di scuola”, per prima cosa si mette a studiare l’inglese perche’ sa come la conoscenza della lingua sia importantissima...”.
Allo stesso tempo, come operaio, lavora in un’industria metallurgica e, alla sera, rubando ore al sonno, “disegna” cancellate e verande che saranno poi realizzate in metallo prima da altri e, in un secondo tempo, da una ditta di cui diventa titolare.
Quello che lo distingue e’ la sua intraprendenza che, abbinata alla grande voglia di lavorare e anche, come lo stesso Franco Falvo dice “alla fortuna che mi ha sempre accompagnato” gli consente, nel 1987, insieme al fratello Nicola di fondare la Falvo Corporation, un’azienda pubblica quotata alla TSE, specializzata in strutture in ferro, nonche’ in componentistica per sommergibili nucleari per la marina U.S.A. con un fatturato di 40 milioni di dollari...
E’ il successo!
Il successo per quel ventunenne partito pochi anni prima dalla Calabria che si vede sulle copertine delle riviste finanziarie internazionali e intervistato dalla Rai, ma non per Franco Falvo che non si trova nella routine di un’azienda dove tutto e’ programmato:”Sono un uomo d’azione - spiega Franco Falvo - penso a un progetto e lo voglio realizzare subito, ma allo stesso tempo desidero sempre avere la possibilita’ di cambiare se, nel corso del progetto intravedo una migliore alternativa ...
E cosi’ nel 1993 Franco Falvo vende il pacchetto di maggioranza e fonda la Falco Steel Fab, un’azienda con una cinquantina di dipendenti, un fatturato, oggi, di circa 20 milioni di dollari, specializzata in strutture portanti in acciaio per capannoni industriali e commerciali.
Per Franco Falvo, la nuova attivita’ significa anche non essere piu’ completamente legato al lavoro, ma anche il poter disporre del suo tempo nello sport - ha quasi un quotidiano appuntameto per partite di tennis e la sua passione sono le auto sportive - ma anche di coinvolgersi nelle attivita’ sociali della comunita’ e di allacciare collegamenti con la sua regione d’origine e “utilizzare l’esperienza e l’abilita’ dei tanti imprenditori di origine calabrese che sono in Canada per creare nuove opportunita’ di lavoro e contribuire al progresso della Calabria che e’ sempre nel nostro cuore...”.
Da quando, lo scorso anno, l’unione degli oltre 200.000 calabresi che risiedono in Ontario sembra ormai essere avviata ad essere una realta’ con la formazione della Federazione dei Calabresi dell’Ontario della quale e’ vicepresidente, Franco Falvo si e’ assunto anche l’impegno della realizzazione del Centro Calabria che sara’ costruito a Vaughan.
“Ho assunto un impegno - dice Franco Falvo - che voglio portare a termine e cosi’ contribuire al progresso ella nostra comunita’...”
Un impegno che gli costa del tempo prezioso, ad anche qualche soldino, pero’ Falvo e’ disposto al sacrificio visto l’interesse della comunita’ nel progetto.
Tra il 1983 e l’87, mentre frequentava l’universita’ di Toronto e si laureava in Lingue e Scienze Politiche al St.Michael’s College ottenendo anche abilitazione nei corsi di Teoria organizzativa, Contabilita’ ed Economica, Relazioni Commerciali Canadesi/Americane presso il Woodsworth College, lavorava anche alla Camarra Pizzeria Ristorante che oggi, visto che quest’anno e’ il suo 45emo anniversario, si puo’ considerare, con la MonteCarlo Pizzeria, la capostipite delle centinaia e centinaia di pizzerie che affollano l’odierna Toronto e dintorni.
Per Emilia Valentini era un lavorare in famiglia visto che i proprietari del ristorante erano i suoi genitori, e quel Camarra il cognome della madre Elisa che, nel 1958, da Popoli in provincia di Pescara, si era trasferita con la famiglia a Toronto dove hanno insieme continuato l’attivita’, ormai ventennale, fondata in Italia dai nonni nel lontano 1933.
Oggi, Emilia Valentini, e’ manager del Business Development, Economic & Technoly Development Departmen della citta’ di Vaughan e, tra l’altro, responsabile dei rapporti internazionali con i governi delle citta’ con le quali Vaughan ha concluso trattati di amicizia come Sora, Delia e Lanciano in Italia e altre citta’ in Giappone, Cina , Filippine e Israle.
“A dir la verita’ - racconta oggi Emilia Valentini - io avrei voluto fare l’avvocato, ma mio nonno Oreste mi aveva detto che ero nata nel commercio e nel commercio dovevo restare...”
E cosi’, pur sempre con un occhio alla pizzeria Camarra, (cosa che fa ancor oggi), nel 1987 Emilia Valentini entra nel mondo del business aprendo la Ceed Agency, “che promuoveva - spiega Emilia Valentini - il Made in Italy in Canada con collegamenti con le ditte italiane che volevano entrare in rapporti d’affari con aziende canadesi”.
Pur impegnata, nel 1995, Emilia Valentini non puo’ resistere al richiamo della politica e si presenta, senza fortuna, alle elezioni provinciali con il partito conservatore.
“L’Ontario stava uscendo da un brutto perido, economicamente, e gli elementi del “Common Sense revolution” mi hanno fatto entusiasmare a tal punto di volermi offrire al servizio dei cittadini della zona dove sono cresciuta permigliorare l’economia di questa splendida provincia che mi ha regalato mille opportunita’ ed un futuro sena limiti”.
Nello stesso anno, 1995, Emilia Valentini entra nel management della Camera di Commercio Italiana di Toronto, fondata dallo scomparso Tony Valeri e nel 2000 ne diventa il Segretario generale per poi “lasciare” per la citta’ al di sopra di Toronto dove, come dice, “sono impegnata in un lavoro che concorre a una maggiore conoscenza e collaborazione tra paesi diversi con l’unico obiettivo di migliorare la vita di tutti noi”.
Emilia Valentini e’ stata presidente della Canadian Italian Business & Professional Association (Cipba), membro del Toronto Police Service Board, di Vitanova Foundation, del Comitato esecutivo di Villa Colombo e la lista potrebbe continuare...
I casi della vita sono tanti e vari:per esempio, Mario Sergio e’ entrato in politica per un... marciapiede sconquassato e pericoloso che si trovava a Benrubin Dr. nella zona di Finch ed Islington dove, dal 1965, abitava con la moglie Rose e i suoi figli e che l’allora City of North York, nonostante telefonate e reclami, non si decideva a far riparare.Fino a quando, spinto da alcuni vicini di casa, tra i quali Luigi Reda, Gianni Morone, Vince De Bellis e Raffaele Daddio, Mario Sergio si diede da fare.
A marciapiede riparato, una cosa tira l’altra e “visto che tu ci sai fare...”come dicevano i suoi amici, Mario Sergio si presenta alle elezioni municipali e viene eletto in un distretto che, in quegli anni, era ad alta presenza italocanadese.
Una carriera municipale che si e protratta per 18 anni durante i quali Mario Sergio, nominato anche nel Metro Toronto Coucil, ha ricoperto numerosi incarichi come quello di chairman del North York Council Planning Board Committee e del Metro Trasportation Committee e membro attivo di altri Comitati e del direttivo della Canadian National Exhibition.
A Rende, il paese natio in provincia di Cosenza, Mario Sergio aveva frequentato l’Istituto Industriale, ma c’era poco futuro e il richiamo della zia, sorella del padre, lo aveva portato a Toronto nel 1958 quando aveva diciotto anni e pronto ad ogni lavoro come quello di verniciare a spruzzo, imparato in una fabbrica dove il proprietario era ebreo e il forman friulano o, qualche anno piu’ avanti e in tempi duri, guidare un tassi’ di notte e lavorare in fabbrica di giorno.
Dopo qualche mese di tirocinio, a 21 anni, Mario Sergio inizia in proprio l’attivita’ di assicuratore e, nel 1969 entra nel settore immobiliare un’attivita’ che interrompera’ solo dopo la sua entrata nella politica municipale.
E, dopo diciotto anni, il passaggio dalla politica municipale a quella provinciale e’ stato per Mario Sergio quasi un passo obbligato anche perche’ quella base che lo aveva spinto in politica ora lo voleva a Queen’s Park: eletto nel 1995 come rappresentante liberale del distretto di York West e’ stato rieletto all’elezione successiva e ora si prepara per la prossima...a data che sara’ decisa dal premier Ernie Eves!
E quest’anno Mario Sergio festeggia i suoi 25 anni in politica ai quali pero’ e’ giusto aggiungere anche i suoi 35 anni di attivita’ comunitaria durante i quali e’ stato tra i fondatori del Costi e membro della Cipba e attivissimo in altre organizzazioni.
“Sono rimasto lo stesso di tanti anni fa - dice Mario Sergio - e continuo a lottare per i tanti problemi della nostra societa’ che non da’ quello che e’ giusto agli anziani, agli ammalati, a quanti vogliono studiare o apprendere un mestiere...”
Auguri!
E’ partito da Collelongo, un paesino di millecinquecento anime in provincia dell’Aquila, quando aveva 17 anni e ogni anno, sempre in agosto, ma qualche volta ci scappa anche una visita a Natale, ci ritorna, naturalmente accompagnato dai figli, Rocky, Christopher e Stefano, e dalla moglie Giovanna.che ha sposato quando aveva 23 anni.
“La famiglia e’ la cosa piu’ importante - dice Rocco Cerone - perche’ aiuta a trovare quell’equilibrio che e’ essenziale per la tua vita stessa che si arricchisce anche grazie alle responsabilita’ che assumi e alla possibilita’ di trasmettere ai tuoi figli quei principi di vita che hai ricevuto e che hai con l’andare degli anni sempre fatti piu’ profondi...”
Anche se aveva solo 17 anni, lasciare l’Italia per Cerone era stato facile perche’, come dice “ alla situazione economica che non era facile, c’era anche la mia voglia di avventura, di andare a fare esperienze nuove...”
In Canada, ospite di una zia, dopo un corso d’inglese alCosti, a quel tempo ospitato nella casa d’Italia ora sede del consolato italiano, aveva trovato lavoro alla fabbrica di aeroplani McDonnell Douglas dove pero’ “avevo capito che era difficile far carriera...”.
Cosi’, nell’anno del suo matrimonio decise di lasciare per entrare nel business della compra vendita d’immobili.
Per Rocco Cerone e’ stato l’inizio del “far carriera” anche aiutato dalla simpatia che riesce a suscitare in chi lo conosce, la sua preparazione e l’impegno, specialmente all’inizio, di ore e ore di lavoro...
Nel 1987 ottiene la licenza di brocker e l’anno dopo, siamo negli anni difficili della recessione, apre il suo primo ufficio, Interglobe Realty Inc.per poi, siamo sempre in periodo di recessione, acquistare una la franchise della Remax che nomina Platinum e che vende nel ‘98 per passare alla Royal Le Page e, nel frattempo diventa coproprietario di Market Lane, un centro acquisti che si trova nel cuore di Woodbridge.
Uomo di successo?
“ Il successo non si conta in dollari - risponde Rocco Cerone - ma nel continuare nella ricerca di migliorarsi mentalmente, spiritualmente in modo che la vita sia un continuo progresso e non si fermi quando magari si e’ raggiunto il successo finanziario che pero’ ti da’ anche la possibilita’ di aiutare gli altri”.
Per quattro anni Gianni Povegliano, insieme alla moglie Anna e al fratello Carlo, ha passato giorni e notti al Sick Children’s Hospital, accanto al lettino di Daniele, il figlio che affetto da una malattia incurabile e’ poi scomparso nel 1996.
“E’ stata un’esperienza che non potro’ mai dimenticare anche perche’ - dice Gianni Povegliano - ti resta dentro l’anima vedere la sofferenza che ti circonda e ti chiedi cosa si puo’ fare...
Cosa che tante volte si dice eppoi...
Cosi’ invece non e’ stato per i due fratelli Gianni e Carlo Povegliano e un gruppo di loro amici che hanno creato Smiles of Innocence Memorial Charity che, dal 1997, ha raccolto 700.000 dollari a favore del Sick Children’s Hospital “In modo che - spiegano Gianni e Carlo Povegliano - continui ad essere un ospedale leader nelle ricerche e cure per i bambini di tutto il mondo”.
Nella prima settimana di novembre, e’ ormai tradizione, si tiene il Gala che e’ il punto culminante di un anno di attivita’ per la raccolta fondi alla quale,come sottolineano Gianni e Carlo Povegliano, partecipano centinaia di sponsor che devolvono a Smiles of Innocence quanto raccolto in eventi sociali come, per esempio, tornei di golf. Durante il Gala si tiene anche un’asta silenziosa e i due fratelli, soddisfatti, dicono di non aver problemi a raccogliere oggetti per l’asta “tante sono le persone che vogliono donare e partecipare alla nostra raccolta”.
E - sottolineano Gianni e Carlo Povegliano - tutto il ricavato e’ devoluto in beneficenza e noi stessi e tutti quelli che collaborano, si pagano il biglietto”:una precisazione alla quale tengono moltissimo
Tra le iniziative ideate dai fratelli Povegliano, anche l’Albero della Speranza che, nel periodo natalizio, raccoglie giocattoli per i bambini “per dare loro un sorriso, che e’ la cosa piu’ bella del mondo”!
Gianni, 40 anni e Carlo 36, sono nati in Canada: il padre, Danilo, trevisano, e’ arrivato nel 1956 a Toronto dove ha conosciuto e sposato Bruna di origine abruzzese.
Gianni e’ titolare di una fabbrica di telai per divani e Carlo e’ un affermato tecnico odontoiatra, sposati, con figli, per la generosita’ ed impegno sono esempio da additare.
Nel ‘96 c’erano 125.000 passeggeri, in larga maggioranza italocanadesi, che volavano verso l’Italia, si godevano lo splendido panorama della baia di Acapulco e atterravano all’aeroporto di Varadero che era in fase di ristrutturazione e non piu’ quella specie di garage come quando, piu’ di una dozzina d’anni prima, l’Alba Tours aveva cominciato ad organizzare viaggi verso l’isola di Fidel Castro il quale, una volta incontrato Gianni Bragagnolo, allora vice presidente e general manager, lo aveva ringraziato per quell’iniezione di dollari, importantissima per l’economia cubana che soffriva del divorzio russo.
Il perito meccanico, con una specializzazione sulle ricerche petrolifere, Gianni Bragagnolo, da Castelfranco Veneto, nel 1966 era atterrato a Toronto per finire a pulire uffici e negozi di notte...
“In Italia era difficile trovare lavoro e l’amico Ottorino Bressan mi aveva consigliato di venire in Canada dove, forse, avrei potuto trovare un lavoro nel mio settore, invece...- racconta Gianni Bragagnolo - ho conosciuto e iniziato a collaborare con Ontario Sarracini entrando nel mondo, per me nuovo, dei viaggi ”.
Un mondo nuovo che significa il continuo contatto con la comunita’ italiana che ormai godeva di un benessere che consentiva l’estate del ritorno a quello che si era lasciato...Sono alcuni agenti di viaggio che operano nel mercato italocanadese che, constatata la sempre piu’ crescente domanda, anziche’ vendere solo biglietti per le compagnie aeree, si organizzano con offerte speciali e prenotano in volume posti sugli aerei dell’Alitalia e Nordair.
Sono Nick Ciarelli, Nino Sinicropi, Leonardo Cianfarani, Enzo Comar, Danny Boni, Joe Angona, Bruno Crugnale, Mike Giambattista, Ontario (Anthony) Sarracini e, naturalmente, Gianni Bragagnolo, nominato vice presidente e general manager dell’Alba Tours.
“Ai nostri clienti - spiega Gianni Bragagnolo - offrivamo la convenienza di scali in localita’ differenziate, non solo le tradizionali e centrali ma piu’ “locali” per accorciare le distanze sulle coincidenze e, attraverso i pacchetti turistici, la possibilita’ di vedere l’Italia e, per tanti geni tori, farla conoscere ai figli nati in Canada.”
“Anno per anno - spiega ancora Gianni Bragagnolo - abbiamo visto aumentare il numero dei passeggeri, ma si trattava sempre di un mercato stagionale al quale abbiamo affiancato, nei periodi invernali, viaggi in Florida, nei Caraibi e - conclude sorridendo soddisfatto - abbiamo aperto la strada di Cuba ai canadesi e riempito gli alberghi di Acapulco”!.
Nel 1996, Alba Tours e’ stata ceduta ad AirTour Plc., (oggi My Travel), di Manchester, la piu’ grande organizzazione turistica mondiale che, annualmente man da in vacanza piu’ di 15 milioni di turisti in tutto il mondo e, Gianni Bragagnolo, ne e’ il responsabile di tutte le destinazioni in Europa che, per il periodo estivo, rappresentano una fetta importante di tutto il gruppo.
“Spirito d’avventura d’un ventenne...”.
Cosi’, Angelo Balsamo, descrive la sua partenza da Barrafranca, un paese siciliano in provincia di Enna, per raggiungere la Germania dove, lavorando nelle ferrovie, restera’ fino al 20 agosto 1963 quando “sbarca’ a Toronto.
C’e’ veramente da crederci che si sia trattato di “spirito d’avventura” perche’, a differenza della maggioranza, a Toronto Angelo Balsamo non aveva nessun fratello, nessuna zia e, ad accoglierlo c’e’ solamente un amico...
Nella valigia aveva una macchina fotografica ed e’ con quella che inizia la carriera di Angelo Balsamo che, oggi, e’ il titolare del laboratorio fotografico “The Color NetWork” che impiega oltre 200 persone e in stretta cooperazione con compagnie del settore fotografico nedgli Stati Uniti.
A quel “The Color NetWork” Angelo Balsamo ci e’ arrivato attraverso il Delia Photo Studio e il laboratorio Etna, nomi che fanno parte della storia della nostra comunita’... Come e’ parte della storia della comunita’ di oggi quell’attivita’, se cosi’ la si puo’ definire, che Angelo Balsamo svolge come presidente dell’Ontario Confederation of Sicily, presidente del Consiglio di Amministrazione del Comitato Biancofiore/Canada e, di recente, presidente della Fondazione “Luigi Sturzo” del Canada.
“Sono sempre stato coinvolto nelle attivita’ comunitarie, cominciando con il Delia Social Club del quale sono stato uno dei fondatori - spiega Angelo Balsamo - e collaborando, anche perche’ spesso mi e’ stato chiesto, con tante altre organizzazioni”.
Tra queste e’ da ricordare, le celebrazioni che annualmente si svolgono per Santa Rosalia Patrona di Delia delle quali Angelo Balsamo e’ stato il promotore.
Pur continuando a seguire personalmente una sempre piu’ modernizzazione dello stabilimento fotografico, Angelo Balsamo, e’ impegnato per realizzare l’unita’ dei siciliani dell’Ontario:”Importante incrementare i rapporti con la nostra Regione d’origine, i giovani che sono il futuro della nostra comunita’ e la realizazione di Casa Sicilia, un tetto dove ritrovarci tutti insieme...”.
Giustamente l’impegno di Angelo Balsamo e’ stato riconosciuto con la nomina a Cavaliere della Repubblica italiana, l’Onorificenza Pontificia di Cavaliere dell’Ordine di San Gregorio Magno, Cavaliere Patriarcale di Sant’Ignazio di Antiochia e quella di del santo Sepolcro di Gerusalemme, solo alcuni dei tanti riconoscimenti tributigli.
“Ho assunto anche un impegno politico - dice Angelo Balsamo - perche’ mi e’ stato chiesto direttamente dall’Italia e percio’ oggi collaboro, insieme ad altri, afinche’ la nostra comunita’ abbia il suo giusto riconoscimento.
Angelo Balsamo e’ sposato con Lina Bancheri, sua stretta collaboratrice, padre di Maria Stella e Salvatore, e nonno di Joseph, Jessica, Vittorio e Felicia.
Quella di Nicola Di Battista e’ anche la storia della famiglia Di Battista cominciando dai genitori, Antonio e Giulia ,e continuando con i fratelli Pietro e Giovanni che, negli anni sessanta, l’avevano lasciato in quel di Corvara per imbocccare la strada dell’emigrazione che li ha dapprima e per poco portati in Germania e poi definitivamente in Canada dove, nel ‘68, vennero raggiunti da Nicola e Antonio, l’altro fratello rimasto in Italia..
“Nicolino”, cosi’ lo chiamavano allora, dopo le elementari frequenta la scuola di Arti e Mestieri a Bolognano, (a Corvara , piccolo paese medioevale, la scuola era fino alla quarta elementare) e, a 16 anni e per un breve periodo raggiunge i fratelli in Germania, ma quando questi partono per il Canada rientra in Italia, a Reggio Emilia, dove lavora come aggiustatore meccanico.
Un rodaggio brevissimo perche’, giovane, con una grande voglia di lavorare e avere successo, anche Nicola subisce il fascino dell’America e nel ‘68 raggiunge gli altri fratelli a Toronto.
Che i fratelli Di Battista fossero dei lavoratori lo capisce anche Luciano Savini, titolare della ditta nella quale i Di Battista sono impiegati, che offre loro di entrare in societa’, 33 per cento, con un impiego di capitale di 40 mila dollari:siamo nel ‘69 e a quella cifra ci si arriva solo mettendo insieme i risparmi e con qualche taglio al bilancio familiare...
Dopo tre anni, e’ il 1972, i fratelli Di Battista si mettono in proprio e fondano la Clearway Construction Inc.con un capitale di centomila dollari e sei operai e il primo anno di attivita’ si chiude con un fatturato di 600.000 dollari.
Anno per anno aumenta il fatturato e il numero degli operai impiegati, ma arrivano anche gli anni della difficile situazione economica che i fratelli Di Battista, con a capo Nicola, affrontano con una ristrutturazione dell’azienda impegnandosi in lavori in municipalita’ nel nord del Canada, in zone impervie, riserve indiane a 2/3 mila chilometri da Toronto ,dove lavorare e’ duro e richiede un grande impegno personale.
Superati i tempi difficili, in quello che e’ ormai il Clearway Group, entrano i figli dei fratelli fondatori:Anthony, Giulio, Tony, Marco e Fernando e con loro si amplia l’attivita’ del gruppo specializzandosi in impianti di fognatura, acquedotti, strade, ponti, edifici ad uso industriale e commerciale:un esempio per tutti, e’ il Clearway Group che, nei Caraibi, provvede a tutti i lavori di scavo, condutture idriche e fognanti e la “base” di uno spettacolare campo da golf a 18 buche di un grande complesso alberghiero di 400 milioni di dollari in un’isola dei Caraibi.
Ed e’ sempre il Clearway Group che, nel porto dell’isola di St.Kitts, con un finanziamento governativo di 12 milioni di dollari americani, sta costruendo una barriera frangiflutti
Recentemente i fratelli Di Battista, Pietro, Giovanni, Antonio e Nicola, sono stati premiati dalla Camera di commercio di Pescara per la loro “Fedelta’ al Lavoro e al Progresso Economico”:un riconoscimento, non solo al lavoro, ma anche all’intraprendenza dei fratelli Di Battista che, partiti dal nulla, hanno saputo raggiungere il successo.
Sottolinea Nicola Di Battista:”Siamo sempre stati uniti e questa e’ la nostra forza”.
Dopo esser stato insignito dell’Order of Ontario dal governatore James K.Bartleman, Mario Cortellucci ha detto che quel riconoscimento e’ dovuto alla sua famiglia e alla comunita’ italocanadese, “quella nostra comunita’ di emigrati che tanto ha fatto in questo Paese...”.
Una comunita’ di “emigrati” della quale fa parte anche Mario Cortellucci che e’ arrivato, insieme alla madre Maria Di Pietro e il fratello Nicola, a Toronto il 22 dicembre 1962, appena appena in tempo per passare il Natale con il padre Pietro che, in Canada, era gia’ da tre anni.
Mario Cortellucci aveva tredici anni e la scuola - questa volta in inglese - e’ il suo primo impegno che pero’, da quando ha 15 anni, unisce a un lavoro part time nel settore dell’edilizia dove non e’ un neofita visto che a Villa Cortellucci in Abruzzo, dove era nato, i primi rudimenti li aveva appresi dal padre .
E’ nel 1971, aveva allora 22 anni, quando insieme al fratello Nicola e dopo aver “raccimolato” 3.000 dollari che Mario Cortellucci inizia la sua vita di imprenditore con la Cortelli Construction Limited a cui seguiranno altre imprese che coprono l’intero ciclo dell’edilizia residenziale e commerciale e che oggi impiegano oltre mille persone.
Parte del gruppo ne sono MCN Concrete Forming Limited, Four Valley Grading & Excavating Limited, Melody Homes/ancor Homes, le ultime due “specializzate” nella costruzione di abitazioni per il mercato dell’acquisto della prima casa.
Al successo nel settore dell’edilizia, Mario Cotellucci ha aggiunto anche quello nel settore dell’ospitalita’ con la Hollywood Princess Banquet and Covention Centre, la sala che, pur conosciutissima per i suntuosi banchetti nuziali ed eventi familiari e comunitari, e’ anche il punto di riferimento di tanti candidati ed esponenti politici canadesi:e’ infatti alla Princess che si tengono manifestazioni politiche e raccolte fondi per i candidati dei vari partiti e Mario Cortellucci si e’ sempre distinto per la sua generosita’ nel sostenere i candidati italocanadesi e non indipendentemente dal loro colore politico.
Mario Cortellucci e’ molto coinvolto in iniziative benefiche e tra queste, ne citiamo solo alcune, The United Way, The York Regional Hospital, The Sick Children Hospital Foundation e The Ontario March of Dimes.
C’e’ anche un lato di Mario Cortellucci che pochi conscono:il suo amore per l’arte.
“Quando ero ancora in Italia - spiega Mario Cortellucci - la mia classe aveva vinto una vacanza a Roma e io sono rimasto incantato visitando San Pietro, vedendo le pitture, le statue, le grandi opere dei nostri Michelangelo, Raffaello...E’ un qualcosa che e’ rimasto sempre in me...”.
Oltre ad essere collezionista di opere di artisti come Annunziata Scipione, Camillo Daniele Di Nunzio e il surrealista Joseph Cusimano, Mario Cortellucci, come editore della Corfer Production, nel 1992, ha pubblicato “Passaggio in Canada, Voci atmosfere della tavolozza di Joseph Cusimano” del critico d’arte Glauco Pellegrini:un volume che, anche per la sua veste editoriale, dovrebbe far parte della libreria di ogni amante dell’arte...
Mario Cortellucci e’ sposato con Ginesia Bussoli e ha quattro figli: Maria, Pietro, Romina e Stefano.
Nato a Delianuova, Reggio Calabria, Angelo Principe e` venuto in Canada nel 1957. Come quasi tutti gli italiani di quegli anni, anche Principe e` andato a vivere nella piccola Italia di College St.e frequentato il bar Capriccio dove i giovani, nuovi arrivati, si incontravano a parlare dei tre soggetti popolari in tutte le epoche: donne, politica, e sport: non necessariamente sempre in quest'ordine, sottolinea l'intervistato.
Al Capriccio ha conosciuto il rimpianto Matteo Federico ch'era in Canada da alcuni anni e sono diventati amici carissimi. Matteo, conosciuto col nomignolo di Matteotti per le sue idée socialiste, "mi introdusse - dice Principe - nel mondo politico canadese. Insieme frequentavamo le riunioni del Ccf, partito che poi, nel 1960, venne ribattezzato col nome che ritiene tuttora, Ndp.
Nello NDP, Principe e` stato molto attivo: insime ad altri giovani ha fondato l'Adi, Associazione Democratica Italo-canadese, della quale e` stato presidente per molti anni. L'Adi era affiliata al Ndp e funzionava da sezione italiana del partito. Nell'elezioni federali del '72, Principe ha rappresentato il partito nel distretto elettorale di Davenport. E proprio a sostegno della sua candidatura, venne fondato, da lui, da Elio Costa , da Odoardo Di Santo ed altri, Forze Nuove, il settimanale battagliero della sinistra democratica italo-canadese, che ebbe un ruolo non secondario nel successo dell'Ndp nell'elezioni provinciali del 1976.
Nel frattempo Principe ha completato gli studi che aveva interrotto in Italia conseguendo prima una laurea di BA, poi una di Master e infine una laurea Ph. D. dall'Universita` di Toronto, con una tesi sul Concetto d'Italia in Canada. Ha insegnato presso l'universita` di York e poi, per molti anni, presso Irindale College, l'universita` di Toronto a Mississauga.
Nel suo campo di studi, storia e letteratura degli italocanadesi, Angelo Principe ha partecipato e continua a partecipare a congressi nationali e internazionali. E, su questo soggetto, ha pubblicato un gran numero di saggi, un libro personale e due altri libri in collaborazione con altri colleghi: uno, sulla Famee Furlana di Toronto, con Olga Zorzi Pugliese ed un altro, sugli internati italocanadesi, con Franca Iacovetta e Roberto Perin.
Le pubblicazione piu` recenti sono un saggio sul fascismo tra gli italiani in Canada ch'e` parte di una antologia, Il fascismo e gli emigrati, curato da E Franzina e M. Sanfilippo; e un altro sulle donne italo-canadesi, "Glimpses of Lives in Canada's Shadow: Insiders, Outsiders, and Female Activism in the Fascist Era" parte del volume Women, Gender, and Transnational Lives (University of Toronto Press, 2002) a cura di Donna Garbaccia e Franca Iacovetta.
Attualmente Principe fa ricerche per un libro sulla stampa antifascista italocanadese. Inoltre, insieme ad Olga Zorzi Publiese studiano gli aspetti artistici e socio-storiche dei mosaici creati dagli italocanadesi. Insieme a Gabriele Scardellato sta curando la pubblicazione del libro autobiografico di Marino Topan, La voce del lavoro, libro che tratta dell'esperienza dell'autore nel mondo sindacale italocanadese.
Nel 1988, quando per la prima volta e’ stato eletto, Maurizio Bevilacqua aveva 28 anni ed era il deputato piu’ giovane del parlamento federale.
Da quell’elezioni non ci sono stati problemi di conferme:e’ sempre stato rieletto e nell’elezione del ‘93 ha ottenuto 71.233 voti, il numero piu’ alto di voti finora ottenuto da un candidato federale.
Oggi e’ Segretario di Stato per gli Istituti Finanziari internazionali, una promozione rispetto alla precedente, Ministro senza portafoglio della Ricerca Scientifica e quello di Presidente del Comitato parlamentare delle Finanze, quel Comitato che, prima del budget, tasta il polso al Paese.
In precedenza e’ stato Assistente parlamentare del Ministro del Lavoro e delle Risorse umane e, quando i liberali erano all’Opposizione, aveva preparato la piattaforma politica del partito collegata al mondo dei giovani.
Preziose esperienze “che mi consentono - dice Maurizio Bevilacqua - di conoscere a fondo i problemi e cosi’ posso dare un’opinione quando si cercano soluzioni”.
Maurizio Bevilacqua e’ nato a Sulmona, in Abruzzo, nel giugno 1960 ed e’ arrivato in Canada, insieme ai genitori, Azeglio e Filomena, quando aveva 10 anni.Il padre Azeglio, super tifoso del figlio lo descrive come un ragazzo precocemente interessato alla politica, che leggeva tutto e attento osservatore - oltre che partecipe - a quanto succedeva intorno a lui...Naturalmente, trovava anche il tempo per giocare al pallone e, se non avesse scelto la politica, avrebbe potuto diventare un campione!
“La politica - ha detto Maurizio Bevilacqua in un’intervista - significa lavorare per un miglioramento della societa’, ma anche il saper guardare piu’ avanti e avere il coraggio di cambiare lo status quo per una societa’ piu’ aperta e con la piena partecipazione di tutti i cittadini”.
Sempre impegnato e non solo ad Ottawa trova pero’ sempre il tempo per essere presente nella comunita’ che lo ha sempre sostenuto fin dai suoi primi anni.
“Essere presente, partecipare alle tante cose che avvengono nella comunita’ e’ per me importantissimo perche’ sono uno della comunita’ con gli stessi ideali e principi, quelli che ho imparato dai miei genitori”.
E, come dicono tutti quelli che lo riincontrano, magari dopo tanti anni, “Maurizio e’ rimasto il bravo ragazzo che era...”
Beh, a un Ministro dare ancora del ragazzo..? Ma, alla fin fine, ha solo 42 anni e ancora tanti anni davanti a se’:naturalmente in politica e il pronostico e’ aperto!
Maurizio Bevillacqua e’ sposato con Elena e e ha due figli, Jean Paul e Victoria.
Anche a distanza di 30 anni, e’ arrivato in Canada diciasettenne nel 1963, quando parla di Roccamorice, “un paese che vive di pastorizia e che con la diaspora ha ormai solo un migliaio di abitanti...”, nella voce di Alberto Di Giovanni si sente la commozione del ricordo e, forse, anche della nostalgia.
A Toronto raggiunse la famiglia che, attraverso gli anni si era trasferita in Canada seguendo il fratello Biagio, primo ad emigrare nel 1950.Tale scelta l’aveva costretto ad abbandonare gli studi presso il liceo classico del Collegio Pontificio ddi Chieti e ad accantonare, (seppur provvisoriamente ma allora non lo sapeva), il sogno dell’universita’.Si trovo’ ad affrontare una nuova vita in un paese che stava attraversando momenti difficili.Era l’epoca di Diefanbaker, e all’inizio si senti’ spaesato nella comunita’ italocanadese sebbene, come ricorda Alberto Di Giovanni, “fosse piena di iniziative, gli italiani lavoravano e si sarebbero vergognati , non solo di finire al welfare, ma addirittura di essere disoccupati.
I primi lavori?
“Ho lavato i piatti alla Mario’s Spaghetti House, pulito macchine da cucire ad Adelaide e Spadina e anche lavorato in banca dove probabilmente avrei potuto fare carriera, ma - spiega Di Giovanni - non era quel-lo che volevo...”.
Facilmente superato lo scoglio dell’inglese, Alberto Di Giovanni ritorna agli studi e nel 1971 ottiene il Bachelor of Arts in Scienze politiche e Lingua al St.Michael’s College dell’Universita’ di Toronto.in questa stessa universita’ nel 1973, due anni dopo e in coincidenza con i dieci anni dal suo arrivo in Canada, consegue il Master of Arts in Lingua e Cultura italiana.
In quegli anni e in quelli seguenti, Alberto Di Giovanni, agli studi ha accomunato un intensa attivita’ comunitaria: e’ stato presidente del Club italiano dell’Universita’ di Toronto e fondatore e presidente della Confederation of Italian Clubs of Universities come pure della Compagnia dei Giovani, un gruppo teatrale di grande successo; e’ tra i fondatori del Congresso degli Italocanadesi, presidente della Dante Alighieri Society...e la lista potrebbe continuare.
Nel 1972 Alberto Di Giovanni inizia ad insegnare Italiano e Sociologia all’Humber College of Applied Arts and Technology ma nel ‘76 si dimette per dare il via ai primi passi a quella che e’ oggi considerata la prima organizzazione per l’insegnamento della lingua italiana al di fuori dell’Italia.
“In quegli anni - spiega Di Giovanni - c’erano diverse iniziative per l’insegnamento della nostra lingua, ma fra loro scoordinate e senza rapporto con le autorita’ scolastiche provinciali. Con il Centro Scuola si e’ creato un unico punto di riferimento e, dopo anni di lavoro, non facile perche’ si sono dovuti superare parecchi preconcetti, oggi godiamo della collaborazione delle autorita’ scolastiche il che consente l’insegnamento della lingua italiana a 30.000 studenti di Toronto e della regione di York”.
Di Giovanni e’ particolarmente soddisfatto del programma che da anni porta in Italia centinai di giovani che cosi’ “possono di persona conoscere la realta’ italiana” e del Palestrina Chamber Chorus, del quale e’ stato fondatore e oggi e’ direttore esecutivo, che nel giro di cinque anni e’ diventato uno dei migliori cori polifonici dell’Ontario, affermandosi sia livello nazionale che internazionale.
Questa, nel 2003, e’ stata la strada percorsa da quel diciasette spaesato giunto quaranta anni fa da Roccamorice che e’ oggi rappresentate in Canada del Comitato Olimpico Italiano, Distinguished Educator of Canada, nel 1998 e’ stato nominato Commendatore della Repubblica Italiane e, lo scorso anno a Roma, ha ricevuto il premio Italiani nel Mondo...
Mi ha detto Fr. Gianni che siccome il padre andava 'a Cinzano' (le macchine vanno a benzina!), una chiacchierata su di lui sponsorizzata dal celebre aperitivo lo trova abbastanza simpatico.
“Ho trovato il Cinzano dappertutto: in Africa, in Brasile, in una piccola citta' della Colombia, in un bar di Kampala, perfino a Oyapoque un paesetto all'estremo nord del Brasile ai confini della Guyana francese. Era come portarmi appresso mio padre” - continua Fr. Gianni - e mio padre non era uno stinco di santo, ma aveva una qualita': generosissimo con tutti, soprattutto con chi aveva bisogno”. Fr. Gianni e' a Toronto dal 1980 e pensare che era venuto qui solo per studiare Inglese e poi tornare al suo amato Brasile e continuare il mestiere di insegnante di scienze della educazione ed Etica del Cristianesimo. Ma a Toronto, ospite dell'amico Don Giuseppe Dal Ferro, incontro' la risposta a quello che andava cercando da tempo, senza forse rendersene conto.
“La fede - racconta Fr. Gianni dando forma alle parole con le mani - e' sempre stata per me una sfida. Non ho mai accettato una fede passiva, tanto per addormentare la coscienza. E qui sto parafrasando qualcosa che farebbe sobbalzare coloro che hanno paura di confrontarsi con coloro che criticano la funzione e il senso della fede e della Religione. Mi pare che l'onorevole Maurizio Bevilacqua, un carissimo amico, ha presentato la politica come il coraggio di guardare avanti senza paura di cambiare lo status quo per uno status migliore... Immaginate allora questo impegno politico lievitato dall'ideafede che il mondo e' una realta' tutta da trasformare dal di dentro delle coscienze per far crescere un altro mondo. In politica (quella vera non quella degli arringa popoli) lo chiamano mondo piu' giusto. Io lo chiamo 'Regno di Dio', un regno, o un mondo, dove uno che e' Dio, si possa trovare a suo agio. Nella Liturgia la Chiesa lo chiama: “eterno e universale, regno di verita' e vita, regno di santita' e grazie, regno di giustizia, di amore e di pace”.
E questa e' la fede e la forza che guida Fr. Gianni sui cammini della vita, non sempre facile. Ha lavorato con persone piene di problemi: droga, comportamento violento, famiglie disastrate, malattie della mente.
Caritas, la sua creatura, e' nata cosi'. Osservando con attenzione la gente che camminava sbandata per le strade di Saint Clair agli inizi degli anni 80. Poi con Caritas e' nata Mens Sana, poi Mater Dei. Poi i gruppi a Montreal, Hamilton. La collaborazione con il Dr. Bucchino in Uganda. E le pubblicazioni, alcune delle quali in arrivo. Ma ora Fr. Gianni e' tornato a lavorare in Parrocchia, dove spera di non dare piu' fastidio a nessuno. Perche' e' un fastidioso per natura. Ma anche originale, come il Cinzano. Si puo' digerire solo a piccole dosi. Altrimenti ti ubriaca.
Nel suo primo intervento a Queen’s Park, 3 novembre 1999, l’allora onorevole Tina Molinari, oggi junor ministro per gli Affari municipali, ha corso il rischio di essere zittita dallo Speaker in quanto, dopo una breve introduzione in inglese nella quale aveva detto di essere orgogliosa di far parte del partito al governo che “negli ultimi quattro anni ha ridato la speranza di godere delle stesse opportunita’...” aveva poi continuato parlando in italiano e non, come tutti si aspettavano con un semplice saluto ai suoi elettori italocanadesi, ma con un “ E’ questa stessa speranza di poter avere un lavoro e di poter realizzare un certo livello di prosperita’ che spinse i miei genitori ad emigrare dalla loro patria, l’Italia, in questa grande provincia dell’Ontario nel 1956...”.
Ed e’proprio in quell’anno, 25 ottobre 1956, che Tina Molinari nasce a Toronto, ma in questa citta’ ci resta ben poco perche’ i genitori decidono di ritornare in Italia, a Pescosolido, il paese dal quale erano partiti anni prima.
“L’Italia e’ sempre nel mio cuore...- dice il ministro Tina Molinari - e ogni volta che ci ritorno e’ come tornare alla mia fanciulezza, ai ricordi che ti restano sempre dentro”.
L’Italia che ricorda e’ anche quella dei primi anni quando frequentava l’asilo e le prime classi delle elementari per poi “ritrovarsi”, cosi’ avevano deciso i genitori quando Tina Molinari aveva sette anni, ancora a Toronto...
Ma quando e perche’ l’entrata in politica se per politica s’intende anche l’interessarsi, in modo attivo e ragionato, di quanto accade nella scuola, dei programmi e del sistema d’insegnamento?
E’ quanto ha fatto Tina Molinari quando, attraverso i figli Stefano e Carl e’ entrata nel mondo della scuola:”Mi sono resa conto - dice - che era necessario modificare il sistema impegnando maggiormente gli studenti, aumentando il loro interesse per la scuola...”.
Tina Molinari assume cosi’ un impegno attivo e nel 1988 e’ eletta fiduciaria scolastica delle scuole cattoliche della Regione di York per diventarne poi chair, dal 1994 fino al 1998.
Ormai coinvolta nella comunita’, Tina Molinari partecipa all’attivita’ di molte organizzazioni e, visto che il calcio e’ una delle sue passioni, e’ eletta anche presidente del City of Vaughan International Tournament... “Oggi - dice il Ministro - non ho piu’ molto tempo da dedicare allo sport e mi dispiace”.
Il 1999 e’ anno di elezione provinciale e per il nuovo distretto di Thornhill, per i conservatori la scelta del candidato e’ stata facilissima:Tina Molinari.
“Oggi, come ieri quando ero fiduciaria scolastica, il mio impegno e’ quello di sentire quello che dicono gli elettori e agire per un futuro migliore per tutti:specialmente per i giovani”.
Non e’ esagerato dire che, quando i giapponesi vogliono vendere le loro auto in Ontario, chiamano Joe Zanchin anche se non parla giapponese che, nel suo italiano ha conservato quella tipica cadenza veneta e quel senso di humor che e’ una caratteristica di quelle terre dove, sottilmente, si prende e ci si prende in giro.
Ma si e’ anche realisti come Joe Zanchin che, dopo un paio d’anni dal suo arrivo in Canada, “Mi sono accorto che come parlavo, ma soprattutto come sapevo ascoltare e interpretare quello che voleva, piaceva alla gente...”.
Da quel momento e’ iniziata la carriera di Joe Zanchin che, a 20 anni, e’ arrivato in Canada da Villa del Conte, un paese nelle vicinanza di Padova, dove lavorava in una compagnia di autotrasporti.
“Quando si ha 20 anni c’e’ sempre uno spirito di avventura dentro di noi - spiega Joe Zanchin - eppoi in quegli anni c’erano sui giornali offerte di lavoro in Canada, un Canada che immaginavo come un “mare” di verde con le Montagne Rocciose...”. In realta’ le Montagne Rocciose ci sono,ma non a Toronto e neppure in un paio d’officine dove Joe Zanchin aveva trovato lavoro come carrozziere “fino a quando ho capito come sapevo parlare e capire la gente”.
“Dopo una gavetta di un paio d’anni, mi sono messo per conto mio, con una carrozzeria e vendita di auto usate e, fin d’allora consigliando le auto Honda perche’ erano quelle che consumavano di meno...E, a quei tempi, la benzina era carissima”!
Nel 1974 per Joe Zanchin inizia, all’incrocio di Martingrove e l’autostrada Sette, quello che sara’ il suo brillante futuro di imprenditore e Zanchin lo racconta cosi’: ”Avevo chiesto alla Honda una concessionaria, ma mi hanno risposto che a Toronto non era possibile, ma che se trovavo un altro posto...”.
Joe Zanchin, insieme alla moglie Caterina, abitava a Islington e cosi’, alla ricerca di quel posto, per tre o quattro giorni si mise di “vedetta” a contare quante automobili passavano all’incrocio Martingrove e la Sette che, in quegli anni non era certamente quello di oggi e gli italiani si contavano sulle dita, tanto che, il suo primo cliente, si chiamava Scott Forbes....
Da quell’incrocio, l’attivita’ di Joe Zanchin inizia a espandersi:dapprima, nel 1979 una concessionaria a Rexdale e via via una successione di altre sparse per l’Ontario, oggi sono 14, ma senza mai dimenticare quell’incrocio dove ce ne sono otto, (alle auto giapponesi si sono aggiunte anche le tedesche), concentrate su un terreno di 28 acri che e’, sottolinea Joe Zanchin ,“la piu’ grande e unica automall di proprieta’ privata”.
Padre di Laura e Andria e nonno di Gianluca e Allegra, Joe Zanchin nel tempo libero gioca a tennis al Veneto Centre, ma se qualche volta non c’e’, ci si deve chiedere se magari si trova a qualche incrocio a contar auto..!
“...Un siciliano, Pietro Pirrello presidente della Cantu’ Interiors - scrive Mac, una rivista dell’industria del legno - un emigrante in Canada come tanti altri italiani che e’ diventato il primo e il piu’ grande importatore di mobili italiani.Un uomo tenace:si vede dal volto che ha lavorato duramente, si e’ conquistato una posizione di primo piano pazientemente e ha una grande padronanza della sua professione...”
Non immaginava certamente un articolo cosi’ il diciasettenne Pietro Pirrello quando, nell’ottobre di 50 anni fa, era arrivato a Halifax per raggiungere il fratello Angelo a Toronto.
“E’ stata una grossa delusione - ricorda Pietro Pirrello - Piangevo, non ero preparato a quel freddo e volevo tornare indietro, subito...”!
Ma, come e’ accaduto per moltissimi altri, anche Pietro Pirrello e’ rimasto e poco dopo il suo arrivo aveva gia’ trovato un lavoro in una ditta di divani dove era il piu’ giovane, ma anche il piu’ preparato perche’, alle sue spalle, c’era l’esperienza di aver appreso il mestiere - o arte? - dell’ebanista dal fratello Vito che, a Gibellina, fabbricava mobili.
Nel 1961 Pietro Pirrello ritorna in Italia, forse con l’idea di restarci, ma si tratta di un andata e ritorno, questa volta accompagnato da Rosa, conosciuta e sposata alla quale il Canada sembra piacere...
Altri anni di lavoro e, non solo nell’ebanistica, ma anche - e Pirrello quando ricorda sorride - “Nella musica.Infatti con altri, tra i quali Tony Silvani, avevamo formato il Quartetto Radar e io suonavo il sassofono e il contrabasso”!
E’ nel 1965 che nasce Cantu’.
Pietro Pirrello aveva seguito la trasformazione della nostra comunita’ e compreso che era il tempo di offrire prodotti di qualita’...
Naturalmente, per Pietro Pirrello, qualita’ significa mobili italiani!
Cosi’, con il fratello Vito, Pietro Pirrello perlustra i mobilifici della Brianza e acquista mobili iniziando e aprendo la strada al mobile italiano in Canada.
“A quel tempo - racconta Pietro Pirrello - il problema piu’ grosso era il trasporto perche’ non c’erano contenitori adatti e cosi’, per la prima spedizione ho lavorato a costruire le casse per il trasporto...”.
In pochi anni, grazie anche alla collaborazione del fratello Angelo, prematuramente scomparso, la Cantu’ Interiors diventa punto di riferimento per chi, in Canada, vuole acquistare mobili italiani di pregio e, in Italia, per chi quei mobili, ormai non solo quelli di Cantu’,ma anche di mobilifici di altre Regioni, li vuole esportare in Canada.
Conosciutissimo in Canada, la Cantu’ Interiors gode ormai di una clientela internazionale, Pietro Pirrello lo e’ altrettanto in Italia e la sua ormai decennale attivita’ e’ stata riconsciuta con, e non li elenchiamo tutti, la medaglia d’oro della Regione Lombardia, il premio della Camera di Commercio della regione Marche, e una pergamena della citta’ di Cantu’ che, ufficialmente, lo autorizza a usare il nome...Cantu’!
Una bella soddisfazione per Pietro Pirrello che, cinquanta anni fa, appena arrivato aveva freddo e voleva ripartire:subito!