Lontani dall'Italia,
ce la portiamo addosso
Incontri comunitari alla scoperta dei nostri
legami di ieri, oggi e domani ...
di Renato Ciolfi
Ricordo: "Roma Resta-urant era l'Italia", mi rac-contava
mio padre.
"Veramente, si chiama Rome, all'inglese; ma, per tutti noi ogni
sera, ridi-ventava l'Italia: ci si ritro-vava in quella angusta lun-ga
sala, con profumi di pasta e carne fatta alla meno peggio … tutti
noi uomini; mogli e figli in Italia. Non c'era altro dove andare: si
viveva, si dor-miva a si mangiava li', al Rome Restaurant.”
“Ogni sera, insieme, cer-cavamo di combattere la nostalgia, facendo
finta d'essere al bar del paese: con tutto il fumo; il caffe canadese
perche' l'espres-so allora non c'era e non lo sapevano fare, le discus-sioni
ed anche le bestem-mie. E, per ognuno di noi, era il nostro paese, le
no-stre genti, le nostre terre, i nostri dialetti….e le lettere
delle moglii erano il le-game e la nostra fonte d'informazione con l'Ita-lia".
Poi, si apriva la porta e l'Italia tornava a 3mila km di distanza, fuori
da Rome Restaurant, si tornava ad essere su College, a qual-che metro
da Bathurst, cir-ca 1959 dove era peri-coloso discutere anche di sport
fermi sul marcia-piede. C'erano sempre in giro due poliziotti, sempre
d'origine irlandese, che vedendo emigranti italiani fermi a chiacchierare
so-spettavano quasi poten-ziali gruppi ed azioni sediziose e, con la
grazia, la gentilezza e la voce di scaricatori di porto ini-ziavano
ad ululare "moovvee!", facendo roteare, minacciosi i loro
manganelli: democrazia anglosassone del tempo.
Lontani dall'Italia, legati all'Italia.
Indissolubilmente.
"Me ne frego dell'Italia" sentenzia Frank alle 7 di un freddo
mattino autun-nale 2009, dentro al caldo del Ristorante Giovanna, mentre
Severino prepara l'espresso per tutti i patiti della notizia come noi
che abbiamo attraversato Col-lege di corsa, lasciando la "news
room" della Chin, e per il gruppo d'amici che, quand'erano in Italia,
pro-babilmente si svegliavano col gallo. Poi Frank, che credo faccia
il bricklayer, si tradisce, guarda al gran-de schermo della tv che Severino
tiene sempre accesa su Rai Interna-tional- vabbe' Rai Italia come la
chiamano per adesso- e si rivolge al gruppo sentenziando "Ma Berlusconi
ce le aveva di scorta a tutte le feste…". Non attende risposte
o commenti perche' e' ben altro il suo vero interesse "Quello,
Lippi e' nu' corn#%*#to perche' a Cassano lo devo chiamare, lo deve
fare giucare…" Uscendo si lascia, come allora, l'Italia;
fuori, su College, a pochi metri da Grace, il tram cigola e tossisce
scorrendo sulle rotaie, ma c'e' mai stato un tempo nella storia di Toronto,
che i tram non correvano lungo College Street?
Corrono come la nostra storia, la nostra presenza a Toronto…nel
ricordo anche, del sarcastico strillo del tramviere che annunciava la
fermata, "spadiiina".
Ancora prima, era stata Dundas la nostra strada; poi, da College e'
iniziato negli anni l'esodo verso il nord: St.Clair, Rogers, Eglinton
…poi Woodbri-dge, l'erede di College. Ma, la Little Italy non
c'e piu'. Oggi abbiamo una "collettivita' italocana-dese".
Ed era stato quel "me ne frego" gettato li, come bravada,
a spingerci a cercare se ancora viviamo in noi l'Italia fuori del-l'Italia
e quanto partecipi siamo, ancora, di quella lontana, ormai diversa da
quella nostra originale, rimasta … in Italia.
Per gli emigrati raccolti al Rome Restaurant l'Italia era molto lontana:
piu' distante di quella che, oggi, al mattino da Se-verino il nostro
gruppo d'amici segue, in tempo reale.
Il "Rome" era una fattispecie di "gasthaus": casa-pensione;
un surro-gato, abbastanza "cheap" di dopo-lavoro, osteria,
rifugio dal mondo strano e spesso ostile anglosassone tutto intorno.
L'Italianita' era espressa allora nel-l'ambiente intimo di ami-ci-paesani;
quasi mai pubblicamente.
E percio' era vissuta in-ternamente con grande nostalgia e spesso, anche,
come anti-depressione alle difficolta' socio-culturale, e spesso razziste,
della so-cieta' inglese. Negli anni del "Rome" la societa'
era anglo-sassone.
Oggi, siamo una societa' canadese, di cultura, uffi-cialmente, multiculturale.
Siamo arrivati.
La nostra collettivita' e' in-terprete attiva ed impor-tante della dinamica
so-ciale del paese. Ormai l'italianita' e' orgoglio pubblico e non piu'
ver-gogna nascosta.
E' stato un processo di-namico, ricco anche di una grande diversita'
di media italiani in Canada.
Gia' presente ai tempi del "Rome" la stampa italo-canadese
ha svolto un ruolo capillare nel legare "l'Italia" rimasta
in patria con quella emigrata nel sud Ontario. E per la sua integrazione
nel tessuto, socio-culturale-politico della nuova "patria"
d'adozione.
Una stampa battagliera, presente ed impegnata che ha vissuto con la
col-lettivita', il progresso ed evoluzione dell'italianita' in Canada.
Sono stati, e molti sono ancora, testimoni, guar-diani ed interpreti
del dialogo Italia-italiani emi-grati. Nella Hall of Fame dell'Italianita'
da College a Woodbridge, spiccano il Corriere Canadese, il Giornale
di Toronto, oggi il nostro Lo Specchio, Chin Radio, i programmi televisivi
di Emilio Mas-cia, predecessori di Te-lelatino, Cfmt-tv oggi Omni. Una
stampa ricca anche di personaggi "storici": il polemico Rino
Citarella, l'esule-poeta Gianni Grohovaz, il di-rigente Gus Saccucci;
gli imprenditori della notizia: Arturo Scotti, Johnny Lombardi, Dan
Ian-nuzzi… per fare alcuni nomi.
Ma oggi siamo ancora legati, interessati all'Italia rimasta nelle nostre
terre d'origine?
Viviamo un'italianita' ve-ra? Sincera? Continua
Nel prossimo numero:
“Sognando Calabria .
...io non sono emigrato: non ho avuto scelta...”
Dall’Italia al Canada:ai figli minorenni non
era permesso contestare le scelte di vita dei genitori.
2nda Parte
Ma oggi siamo ancora le-gati, interessati all'Italia rimasta nelle
nostre terre d'origine?
Viviamo un'italianita' vera? Sincera?
"Precisiamo, ci dice l'ar-chitetto Gaetano Rao, mentre si gusta
un cap-puccino, io non sono un emigrante; fui portato via dall'Italia
dai miei genitori che decisero di venire in Canada.
Sono e rimango italiano al 100%. Avevo poco piu' di 10 anni quando giunsi
dalla Calabria nel 1952. Tutt'ora, la "Calabria" esprime il
mio essere, la mia persona."
"Si puo' dire che sono architetto perche' sono ita-liano: l'architettura
espri-me concetti di vita forte-mente italiani, sia nella sua applicazione
struttu-rale che culturale".
Ma l'Italia, la segue? "Certo, con passione. E' importante essere
sempre aggiornati se si vuole vi-vere quotidianamente la propria cultura;
dimen-ticarsi dell'Italia, non se-guirla nelle sue gioie e pene, significa
atrofizzare la propria italianita'; con-gelarla nel tempo e percio'
snaturarla in un ricordo che non rappresenta piu' l'Italia reale. Seguo
con interesse e giudizio critico cio' che avviene in Italia. Ora che
abbiamo anche la Rai, abbiamo un legame informativo molto piu' ricco
e … pericoloso: dobbiamo stare attenti alle sfumature, se non
par-zialita' politiche, dell'in-formazione ; l'informa-zione Rai e'
legata ad interessi e realta' socio-politiche in Italia."
"L'Italia, come cultura, stile di vita, lingua, e' sempre stata
l'espressione formativa della mia famiglia in Canada", ci dice
Antonio DeRoba, pugliese, cuoco, emigrato nel '65. "I figli sono
andati a scuola d'italiano ed oggi lo fanno i nipoti… Debbo dire
pero' che tutto l'in-teresse in cio' che e' Italia non comporta, almeno
in me, un coinvolgimento nella realta' italiana: la mia vita e quella
dei miei familiari e' qui percio' certi scandali all'italiana la-sciano
in me il tempo che trovano… in famiglia se-guiamo la cronaca ed
i fatti di vita, specialmente della nostra regione d'ori-gine e poi
lo sport: piace e ci diverte. I mezzi d'in-formazione italiani, locali
e dall'Italia sono presenti, ed importanti nella quo-tidianita' della
mia famiglia…"
"Chiaramente si segue l'Italia: nelle sue notizie e nei suoi moment
topici," afferma deciso Severino. Personaggio storico della Little
Italy, Severino Man-ni, emigrato pugliese, giunto su College nel 1957.
Dal Gatto Nero al ristorante battezzato nel nome della moglie Gio-vanna,
Severino ha vissuto ed osservato l'evoluzione e la crescita della nostra
collettivita': da ghetto d'emigranti a canadesi d'o-rigine italiana
ed ancora oggi ne rimane attento commentatore: "I fatti personali
di Berlusconi sono una barzelletta che non ci interessa. Ma posso dire
che gli italiani sono informati su cio' che suc-cede in Italia e capiscono
perfettamente quello che avviene e perche'. Forse non sono esperti d'eco-nomia
e politica italiana ma seguono con profonda passione i fatti e le cro-nache
dei loro paesi e regioni natie. La nazionale di calcio poi, ci coinvolge
tutti in un abbraccio di grande italianita'… Piu' che mai, tutta
la stampa italiana e' importante e rilevante per il nostro continuo
progresso in Canada"
Un italianita' pero' che e' anche, da molti vissuta in modo estemporaneo,
nel-l'evento: una festa, un mondiale di calcio, "per-che' certamente
mi sento "italiano", anche se non l'ho, diciamo, praticata
nella vita quotidiana", ci spiega Frank Cesario, meccanico e gestore
della sua avviata officina, Ce-sario Auto Centre. "Sono giunto
in Canada in brac-cio a mia madre nel 1953 dalla Calabria: a quanto
pare ero nato da pochi mesi… Il mio ambiente, fuori di casa, e'
sempre stato quello canadese; i miei interessi sono ca-nadesi; parlo
un italiano dialettale di comunica-zione familiare e basta. Non ho legami
attivi con l'Italia e non ho mai ve-ramente seguito l'informa-zione
o la stampa ita-liana…diciamo che per certi versi vivo nella co-munita'
italiana come spettatore e non interprete della mia italianita' gene-tica.
Non ho mai avuto o sviluppato convergenze o interessi con e per la stampa
italiana."
Piu' che la nascita, e' importante dunque l'am-biente.
Da College a Woodbridge, dalla tradizione all'opu-lenza italocanadese.
Alla macelleria Centro Quality Meat, troviamo Martin e Silvio Abbatista
impegnati nel portare avanti la tradizione com-merciale di famiglia
ed a vivere la loro italianita'. "Siamo entrambi nati qui, ci dice
Martin, ma sen-tiamo fortemente, e vi-viamo la nostra italianita'; non
e' solo questione di cultura ma di definizione e realizzazione della
propria persona. In casa abbiamo sempre parlato italiano; con papa'
pugliese e la mamma abruzzese si son evitati confronti dialettali. L'informazione
italiana e' sempre stata parte della nostra realta'".
"Fin da bambini, abbiamo sempre avuto la passione per l'automobilismo,
spie-ga Silvio, e percio' la mi-tica Ferrari e' stata per me, e Martin
anche, l'aggancio diretto con l'informazione in italiano."
In casa sono arrivati i giornali dall'Italia e quelli italo-canadesi.
E con la radio e la televisione vi e' stato l'incontro con la mu-sica
italiana "seguo molto la musica leggera italiana, rivela Silvio,
ed anche molti dei miei amici italo-canadesi l'apprezzano e l'ascoltano.
Con la Rai ed i programmi dall'Italia di Telelatino il nostro piat-to
informatico e' certamente molto piu' ricco. Ed ab-biamo poi sempre la
radio, in macchina ed anche in negozio"
E seguono con attenzione anche il calcio italiano. "L'informazione
in ita-liano e' stata importante per noi, e continua ad esserlo proprio
perche' ci permette di essere ag-giornati sui nostri in-teressi, osserva
Martin. Per esempio, possiamo ot-tenere molte piu' in-formazioni sulla
Ferrari tramite la nostra stampa italiana che non da quella inglese-canadese.
Debbo dire che l'arrivo della Rai ha avuto un grande effetto, lo vedo
trattando con i miei clienti che appaiono oggi molto piu' interessati
a certe caratteristiche del-l'Italia, come per esempio gli alimentari
tipici re-gionali ed il turismo alla scoperta dei piccolo paesi tradizionali…
Ma, l'im-portante e' mantenere una sana prospettiva sui mezzi d'informazione
…."
E cioe', chiediamo incu-riositi.
"La Rai ci informa e ci diverte ma sono i mezzi d'informazione
italiana locale che ci rappre-sentano e si battono per noi. La nostra
realta' e' canadese; vissuta in un contesto culturale italo-canadese."
- continua
Nel prossimo numero:
Tra lui e lei, italianita’ a confronto
Lontani dall'Italia …
Nasce un nuovo italiano
Incontri comunitari alla scoperta dei nostri
legami di ieri, oggi e domani ...
Parte III
di Renato Ciolfi
Ad Oakville, l'amore. E' stata una scelta di vita; nessun legame, nessuna
continuita' con l'emigra-zione degli anni '50: con l'emigrato che faceva
tappa al "Rome Re-staurant"; riscontro po-vero di un pensionato-dopolavoro,
surrogato plastico dell'osteria del paese fatta degli odori di casa
nostra.
Meta' anni '90: per Daniele nato, cresciuto e pasciuto a Roma, erano
i giorni dell'arcobaleno: inseguen-do l'Amore scelse To-ronto. Poi,
con la giovane moglie Maria si trasferi' ad Oakville, cittadina poster-child,
ed un po' snob, dell'arrivato middle-class anglosassone dell'Ontario.
L'emigrazione del "Rome" era stata un'altra cosa: co-raggiosa,
sempre; dispe-rata, spesso; contadina in massima parte; sfruttata, nella
maggioranza dei casi: da entrambe le real-ta': quella che era stata
costretta a lasciare per sopravvivere; e quella de-gli imprenditori
paesani affermati nella nuova terra chiamata, con grande animo poetico,
"il futuro". Quell'emigrato, prima in Italia e poi in Canada,
ha ballato la sua vita al ritmo della stessa musica: o mangi sta ministra
o salti da sta finestra.
Daniele invece, ha scelto: "Maria era venuta in Italia. Ci siamo
incontrati al bar al mare, Ci siamo innammorati ed abbiamo scelto di
vivere in Canada dove vedevamo un piu' ricco potenziale di suc-cesso,
sia per noi che per i figli…e poi Maria era rimasta delusa dell'Italia."
Ma Daniele e' e rimane, italiano. Legato, mente e cuore all'Italia:
cioe' alla sua italianita'.
La relazione socio-af-fettiva con i familiari a Roma e' continua: si
sen-tono al telefono; vi sono viaggi in Italia o visite ad Oakville
dei genitori da Roma.
A casa Guiducci, ad Oak-ville, si respira italianita': quella italiana
e l'altra, di Maria, italocanadese.
L'italianita' di Daniele si esprime nel corrente; nel-l'immediatezza
del tempo reale dell'attualita' itali-ana. Quella di Maria e' ancorata
a ed articolata nelle tradizioni italiane di Etobicoke, dove e' cre-sciuta:
si esprime in una cultura di un'Italia passata nel remoto, ma non per
questo meno vibrante o meno influente.
Daniele lega con l'Italia con l'informazione radio-televisiva e stampata
che entra in casa quotidia-namente dall'Italia. Maria trova la propria
realta' informativa nei media italo-canadesi; quei gior-nali, quei programmi
che raccontano si l'Italia d'og-gi ma presentano sopra-tutto la realta'
italocana-dese: il locale; non solo cronaca ma eventi sociali, l'arte,
la cultura; raccon-tano cioe' la storia quoti-diana della sua real-ta'socio-culturale.
Ed i figli? "Le bambine amano tutto cio' che e' italiano,"
precisa orgo-glioso Daniele. "Vogliamo che sappiano parlare ita-liano.
Che crescano con la profonda realizzazione della ricchezza del patri-monio
culturale ed arti-stico della loro italianita' ed una conoscenza attiva
dell'Italia, facendole visi-tare la loro patria cul-turale."
"L'essere coscente del proprio retaggio, apprez-zare e gustare
anche le proprie origini culturali, e' estremamente importante, fa notare
Maria, ma credo anche, da parte mia, che la priorita' delle nostre bam-bine
dovrebbe essere quella di una brillante integrazione nella realta' che
rappresenta il loro ambiente, la loro vita, cioe' la piena partecipa-zione,
come future inter-preti attive della societa' canadese. Non vedo per
le ragazze, la necessita' di vivere in Italia."
E' stato proprio questo apprezzamento delle ori-gini, delle tradizioni
che compongono la sua italianita' che ha condotto Maria ha far conoscere
il latino alle bambine.
In ugual misura, Daniele vive l'Italia anche nella sua attivita' commerciale
con la sua azienda, la Glenhome, specializzata nell'importazione in
esclu-siva in Canada di spe-cialita' artigianali tipiche delle regioni
italiane. Da Windsor a Thunder Bay a Kingston ed attraverso il sud Ontario,
ovunque la sua azienda raggiunge commercianti d'alimen-tari, Daniele
tocca da vicino l'importanza per ognuna delle collettivita' italocanadesi
locali della loro italianita'.
"L'espansione della pro-grammazione televisiva italiana, che ci
giunge dall'Italia sta avendo anche un forte riflesso sul-le mie attivita'"
nota Da-niele. "Spesso ho com-mercianti che mi chiedono prodotti
regionali tipici perche' un loro cliente ha visto un programma dal-l'Italia
ed ha chiesto l'articolo. E noi, grazie proprio all'informazione e l'importanza
che questa ha per le nostre collettivita' ci stiamo muovendo sempre
piu' in questa direzione…" Insomma, la fregola sarda, i bibanesi
di Bibano stan-no "rischiando" di diven-tare prodotti di consumo
di massa in Ontario. Potere dei media.
L'Italia tipica pero' ha profondamente deluso Maria. "Con i genitori
sono giunta da Cosenza in braccio a mia madre, quando avevo 18 mesi.
Ricordo comunque che gia' alle elementari ero profondamente orgogliosa
della mia cultura d'ori-gine," spiega Maria. "La mia e' stata
un'italianita' scoperta negli eventi di famiglia, nelle celebra-zioni
sociali, nella musica, nelle feste dei club re-gionali. Ancora oggi
sento una grande mancanza per queste celebrazioni ma questo e' un mondo
che Daniele non conosce e, ormai adulto e cultural-mente formato, non
puo' apprezzare…"
E poi lo shock. "Agli inizi degli anni "90 finite le superiori,
andai per due anni in Italia," racconta Maria, " fu' un'esperienza
abbastanza deludente: nulla dell'Italia quotidiana riflettava pur mini-mamente
le mie perce-zioni di quella che, crescendo, pensava fosse l'Italia.
Il caos sociale, l'abbandono della cultura e dei valori tradizionali;
la superficialita' consumi-stica, la fragilita' delle relazioni umane
…un paio di scarpe di una certa marca avevano piu' valore di una
vera amicizia…"
Eppure, Maria e' tornata piu' forte di prima nel sua ambiente italocanadese;
sposa e madre, la delu-sione italiana guida l'in-segnamento e le cure
che lei dedica alle sue bam-bine; come, per certi versi fecero i suoi
genitori: "Maria, le dissero quando stava per partire per l'Italia,
stai attenta, l'Italia che vai a scoprire non e' quella che tu ti pensi
sia…" Continua
Nel prossimo numero
Nati qui, di tradizione italiana:
giovani a confronto
con il loro retaggio
Parte IV
di Renato Ciolfi
Tino Mongelli, giovane professionista di successo, vive a Maple; non
e' an-cora mai stato in Italia e, nella gioia e spensie-ratezza dei
suoi 23 anni vive con grande calore la sua italianita' riflessa in un'imagine
dell'Italia che lo elettricizza: "Mi basta vedere una fotografia
di un panorama italiano, una scena di un film di un grande regista italiano
che mi sento ispirato, che sco-pro nuove sceneggiature per la mia cinemato-grafia".
Tino infatti ge-stisce, con la famiglia, la Ill Productions, uno studio
di produzioni video-ci-nematografiche.
"Non vedo l'ora di visitare l'Italia, di vedere la Puglia, la terra
di mio padre. Co-me me, anche mia madre e' nata qui," ci dice Tino.
"L'arte, la musica, il calcio, il cinema, l'am-biente naturale:
tutto dell'Italia mi piace; beh, esagero, non mi piace la politica italiana,
non mi interessa e non la seguo… L'informazione italiana e' molto
importante per me, mi tiene in contatto, mi informa su tutto cio' che
e' Italia, cioe' il Dna strut-turale della mia culturale, La stampa
locale completa il processo poiche' riflette l'italianita' nella quale
sono cresciuto. Il mio re-taggio culturale e' sempre stato fortemente
impor-tante per me e lo vivo con gusto ogni giorno: dall'ali-mentazione
alla musica e' una celebrazione della mia italianita'. Apprezzo pro-fondamente
anche il mio dialetto poiche' esprime chi sono, le mie radici e tradizioni".
Poi, con tono serio, Tino aggiunge: " ho sempre avuto un grande
apprez-zamento per la mia italianita' poiche' definisce la mia vita;
chi sono e' stato definito dalla cultura, dalle tradizioni che i miei
genitori mi hanno tra-smesso e che hanno gui-dato la loro mano nel crescermi.
E se oggi sono impegnato a crearmi un futuro, devo essere conscio di
cio' che e' stato il mio passato; per vivere il mio domani devo apprezzare
e saper cri-ticare il mio ieri. La cult-ura e' il filo conduttore di
questo processo; nel mio caso, e' la mia italianita'."
Non sempre e' cosi' sem-plice, cosi' scontato. Maria Firera rappresenta
l'altro filone di questo processo d'itentita' personale e collettivo.
"Sono nata qui, ci dice Maria, e forse anche per via dell'ambiente
fami-liare, i miei genitori sono d’origine calabro-sici-liana,
mi sono sempre sentita canadese. Alle elementari, mi ribellavo da matti
quando gli altri studenti commentavano il mio panino "italiano"
e, con le buone e le cattive imponevo il fatto ch'ero canadese."
Maria, la ribelle, canadese ad oltranza, sbarca poi all'eta' di 15 anni,
in Italia. Vi rimarra' per sei, fa-cendo ritorno a Toronto, 21enne.
"E' stata un'esperienza de-vastante, un vero shock culturale,"
spiega Maria. "Giunta a Torino, mi sono sentita un pesce fuor d'acqua…."
Ma il peggio doveva ancora venire: "Tornata a Toronto, mi sono,
di nuovo sentita un pesce fuori d'acqua; come una forma improvvisa d'incompatibilita'
con quello che era stato il mio ambiente naturale per 15 anni dall'inizio
della mia vita…"
L'esperienza di vita in Italia, l'aveva, nuo-vamente, cambiata.
Insomma, Maria, le chie-diamo, sei, almeno cultu-ralmente, italiana?
"La mia impostazione cultu-rale trae le sue origini dall'italianita'
ma mi sento canadese. I parametri del canadese e di cio' che e' italiano
sono, nella mia vita, complessi, con defi-nizioni che attingono dalla
mia realta' di vita, al di la' di specifici retaggi cul-turali"
E' nell'arte, nella cultura, nella musica che Maria trova importanti
radici, espressioni di un retaggio culturale che danno corpo alla sua
persona di ca-nadese d'origine italiana.
In Italia, Maria si sentiva un'estranea nel confronto con una scuola
molto piu' "classista" nell'elabora-zione dei ruoli tra pr-ofessori
e studenti; una scuola piu' dura e meno democratica di quella la-sciata
a Toronto.
Nella vita sociale, Maria si ribellava alle ipocrisie di convenienza,
alla mora-lita' di comodo.
A un vivere civile dove i ruoli delle ragazze e dei ragazzi, degli uomini
e delle donne esprimevamo radici pregiudiziali e com-portamenti previsti
e preordinati.
Tornata a Toronto, Maria s'accorse d'aver cultural-mente metabolizzato
e d'essersi riportata dietro strascici di modi, maniere e concetti italiani…
Ma e' un italianita' che veste la sua persona a top-pe e pezze scucendo
e rappezzando il suo ''es-sere" canadese, senza af-fermarle un'identita
che la soddisfi. "Non ho nean-che mai avuto un interesse per la
stampa italiana o italocanadese. Non l'ho sentita parte della mia vita.
Tornata a Toronto, mi sono laureata in Italiano per una carriera come
interprete e traduttrice; eppure, nean-che questa mia profes-sione definisce
la mia identita' … Diciamo che la mia completa identita' cul-turale
e' un cantiere: lavori in corso.”
E siamo giunti al dunque. La cultura ci veste; da' un volto alla nostra
anima ed una voce al nostro spirito. Lontani dall'Italia, fi-niamo per
coprirci con la nostra italianita': ce la mettiamo addosso come un cappotto.
Anche per proteggerci dai gelidi venti della cultura "stra-niera"
che ci ospita e qualche volta, raramente pero', ci ha anche accolto.
E come un cappotto, la nostra identita' "italiana" non cambia,
non vive, non si elabora; l'abbiamo tolta dal suo ambiente naturale
e trapiantata in un contesto e lei estraneo.
Maria, nell'analisi finale ha toccato, ed in certi aspetti vive, il
nostro grande segreto: noi, che solo dal secondo dopo-guerra siamo gia'
presenti nella quarta generazione, non siamo piu' italiani. Siamo in
realta' una nuova entita' socio-culturale: canadesi d'origine italiana,
nelle eleborazioni mi-gliori; italocanadese d'ori-gine regionale italiana
residente in Ontario, nelle applicazioni piu' gene-riche.
E' la stampa, radio e televisione locale: inglese e di lingua italiana,
alla quale facciamo riferi-mento per vivere la nostra quotidianita'
canadese. I media dall'Italia ci di-vertono ma, la politica italiana
"incuriosisce" ma " non interessa".
Come italiani all'estero, abbiamo vissuto una me-tamorfosi. Il punto
di riferimento della nostra italianita' non e' stato mai, veramente,
l'Italia in tem-po reale ma quella "con-gelata" nello sguardo,
nella mente, nel cuore del momento del nostro addio. E' stata questa
fotografia socio-culturale dell'Italia che conoscevamo, che ab-biamo
trasmesso ai figli e che loro hanno elaborato nella nuova cultura di
cittadini canadesi d'ori-gine italiana. Essere ita-liano non puo' essere
limitato a e definito da "l'orgoglio"; sarebbe trop-po ristrettivo
ed umiliante. L'identita' "culturale" del-la persona spazia
e caratte-rizza la sua vita, nei det-tagli e nell'insieme.
Ricordo mio padre, os-servo le figlie, mi godo i nipotini: una visione
della mia famiglia in Canada che spazia quasi 60 anni: ma non riconosco
punti di convergenza "d'italianita'" al di la' di quello di
par-tenza, genetico.
Oggi, il nostro punto di riferimento sono i figli ed i nipoti; l'elaborazione
del loro futuro in Canada: la loro patria, la loro terra…
Il baco da seta si e' ri-trovato, trasformato in farfalla: "Nonno,
nonno!! I know what passerotto means…"
Fine