“Abbiamo sposato il lavoro…”
e divorziato dai nostri valori
“Era il tempo migliore e il tempo peggiore,
la stagione della saggezza e la stagione
della follia, l’epoca della fede e l’epoca dell’incredulità…
la primavera della speranza e l’inverno
della disperazione.
Avevamo tutto dinanzi a noi, non avevamo nulla dinanzi a noi
… A farla breve, gli anni erano
così simili ai nostri.”
“Le due citta’” - Charles
Dickens
Natale. Le tradizioni, le castange arrostite, i fichi
secchi, l’uva passa; la tombola.
Ricordiamo la Befana: il cestello di vimini (che grazie allo zio nascosto
sul tetto) scendeva lentamente dal camino per apparire dinanzi agli
occhi sbi-gottiti, ed un po’ impauriti, di tutti noi bambini,
colmo di dolci, caramelle, cioc-colatini, arance e manda-rini. Una Befana
semplice ma ricca assai di fanciulla meraviglia.
Ricordi che ci fanno, spesso, rimpiangere “tem-pi migliori”.
Ma poi, erano tali? Era un tempo migliore o il tempo peggiore?
Forse e’ proprio quell’int-imita’ intrinseca del
“Natale” che ci porta ai ricordi.
E che ricordi abbiamo dei Natali vissuti da emi-granti? Degli anni di
vita della nostra collettivita’ in Canada?
Siamo oggi quelli che ieri si sperava di diventare? E come guardiamo
al futuro, con ottimismo o ram-marico per quella “prima-vera delle
speranze” persa. Al paese, era dal barbiere che gli uomini affronta-vano
i temi della vita e dove venivano emessi i giudizi “vox populi”
(spesso) inappellabili.
Per intraprendere quel sentiero di come eravamo, torniamo quindi all’assise
del paese.
“Abbiamo tanto oggi; ma cio’ che abbiamo ed amia-mo) di
piu’ e’ la super-ficialita’ piu’ assoluta,”
osserva Giuseppe Cardile, 67 anni, da quasi 50 in Canada.
Apprendista barbiere, da giovane, a Cosenza e da anni, ormai, gestore
del proprio Salone, nel nostro paese: Woodbridge, non in piazza ma sulla
7.
“Percorrendo la strada del benessere economico, ab-biamo perso
i valori della vita. Facciamo finta di non saperlo ma tutto ha un prezzo
e si paga sempre.
“Piu’ alto il benessere piu’ alto il prezzo; piu’
feroce la nostra volonta’ di suc-cesso, piu’ grande la di-struzione
del nostro essere sociale e morale.”
Cardile parla con rasse-gnazione, le parole pesa-no, grondano ricordi.
“Negli anni del nostro ar-rivo ci si sentiva uniti; una comunita’
legata nell’im-pegno comune di vincere la sfida di un futuro mi-gliore.”
“Appena arrivati, eravamo tutti grosso modo allo stesso livello
economico; c’era mutuo rispetto ed assistenza. “
“Il benessere ci ha sepa-rati, emotivamente ed an-che fisicamente.
Abbiamo una comunita’ divisa da forti distanze economiche e geografiche;
famiglie che vivono a chilometri di distanza emotiva, sotto lo stesso
tetto…:
“ Lo “shopping” natalizio di un marito consiste in
una Bmw per il figlio, una Mercedez per la moglie, una Lexus per la
figlia ed una Porsche per se; siamo alla follia pura.”
O forse, dinanzi al mo-numento al successo ita-liano –almeno quello
kit-sch, in Canada: ecce “Gino”!
“E non e’ detto che quella famiglia festeggi (si fa per
dire), Il Natale insieme,” aggiunge il “quasi 65en-ne”
Aldo Martellacci, ori-ginario della provincia di Frosinone, da oltre
50 anni in Canada e cliente abi-tuale ed amico di Cardile.
“Adesso i genitori non so-no mai a casa con i fi-gli.Non si vive
piu’ la crescita di una famiglia in-sieme.”
“Un week-end insieme, ma quando? Non abbiamo piu genitori ma hockey
dad e soccer mom. E spes-so ormai, i figli teenager trascorrono vacanze
e feste natalizie ai Caraibi o in Europa ed i genitori in qualche altra
resort… e’ tutta una corsa al mate-rialismo senza limiti;
tutto e’ commercio, anche gli affetti… abbiamo perso tutto,
anche il senso reli-gioso del Natale.”
“Quando mai ci si vede piu’ per una festa in fami-glia,
per celebrare tutti in-sieme ... abbiamo perso anche le tradizioni piu’
semplici, i cibi caratteri-stici del Natale, chi man-gia piu’
il baccala’?! Adesso puo’ capitare che se un parente ti
incontra per strada, fa finta di non vederti…Abbiamo un be-nessere
virtuale, di pla-stica perche’ sopratutto, abbiamo perso la capacita’
di saper fare sacrifici, di saper soffrire per un bene che non si puo’
comprare.”
“Abbiamo sposato il lavoro,” interviene l’im-prenditore
commerciante Mario Sancis, di famiglia
calabrese; ma lui e’ “nato a Lansdowne e Bloor, a Toronto”.
Ancora piccolo torno’ con la famiglia in Italia e poi ormai giovane
alla caccia di un futuro, “emigro’” in Canada .
“Per il benessere econo-mico finanziario abbiamo sacrificato i
nostri valori tradizionali. Nello scam-bio ci abbiamo rimesso, o quanto
meno ci ha rimesso il nostro concetto di fa-miglia,” osserva il
57enne Sancis.
“I soldi ci possono dare roba ma non valori ed affetti.”
“Abbiamo abbandonato il sacro per il profano, il vero per il virtuale;
abbiamo gettato via l’oro per co-prirci di patacche che brillano.”
Colpa anche della “lon-tananza” sostiene Sancis. “Una
lontananza non solo geografica ma anche di interessi e questa rincorsa
dell’egoismo ci ha sepa-rati, sia come comunita’ che a livello
individuale anche tra amici, parenti e congiunti.
Ormai non e’ insolito non incontrarsi piu, neanche’ a Natale;
ne’ spesso e vo-lentieri ci si saluta piu’… “
“Pur con tutte le loro problematiche, penso che tra i giovani
in Italia e’ piu’ vivo il senso della fa-miglia, di quanto
lo sia tra le nostre nuove genera-zioni , qui in Canada.”
L’osservazione, ci riporta alla fine degli anni ’70 a quella
che fu’ “la rivolta” dei giovani italocanadesi che,
tornati in Italia per vedere finalmente il paese e le terre dei genitori,
si ritrovarono con cugini e coetanei che vivevano la negazione dei valori
mo-rali fino a quel momento “imposti” loro, in Canada.
Risbatterono in faccia ai genitori quella frase fa-mosa: “in Italia
i giovani non escono da soli alla sera con il ragazzo o la fi-danzata….”
La sera forse no, ma cer-tamente per giorni e notti, insieme al campeggio
al mare in villeggiatura, commentarono con feroce ironia i ragazzi “presi
in giro da vecchie idee che in Italia non esistono piu’”
Ci ritroviamo a Brampton, nell’avviata panetteria-ristorante “San
Luca” dei coniugi Gregorio e Maria Agresta, ormai punto di riferimento
della col-lettivita’ italiana (e porto-ghese) di tutta la zona
nord-ovest della cittadina. Ed il discorso riprende fluido, senza alcuna
di-stanza con Woodbridge.
“Oggi i giovani vivono una realta’ tutta loro, in un mondo
diverso dal nostro, perche’ la nostra comu-nita’ si e’
stravolta, si e’ persa nella rincorsa al benessere,” dice
il signor Gregorio Agresta, 67enne nato in Calabria e da mez-zo secolo
residente nella Gta: prima Toronto, poi Malton, Mississauga ed ora Brampton.
“Si sentono molto piu’ intelligenti di noi anziani,”
osserva.“Ma gli occorre un computer per fare due piu’ due
mentre noi la mate-matica la facciamo tutta in testa.”
“Invece di migliorarci, siamo andati indietro,” nota la
signora Maria. “Se c’e’ una cosa che ci di-stingue
oggi e’ la perdita del rispetto, non solo nel-l’ambito della
famiglia estesa ma anche, spesso e volentieri, tra figli e ge-nitori,
tra fratelli e so-relle.”
“La famiglia italiana, al-meno come la cono-scevamo e l’abbiamo
vis-suta da giovani, non esiste piu’,” afferma Gregorio
mentre offre un caffe’ all’amico appena entrato nel negozio.
“I soldi e l’arroganza del benessere finanziario han-no
distrutto tutto: ami-cizie, senso di comunita’, rispetto tra le
persone,” dice Agresta.
“I mille dollari in tasca sono stati l’inizio della fi-ne
poiche’ si e’ sviluppato un senso di superiorita’:
noi migliori di quelli che hanno meno soldi…”
“I soldi in banca non ci rendono migliori ma, cer-tamente, ci
possono far scoprire la superbia e l’invidia, l’arroganza
ed il disprezzo, il materialismo e la superficialita’…”
E che il 2012 sia, per tutti, ricco d’amicizia.
Erre.ci