Lo Specchio

Abusi sessuali,tre condanne su mille casi in Canada

L'avvocato Simona Jellinek parla di dati shock in materia

Il dibattito sugli abusi ses-suali ha guadagnato l'a-ttenzione di un intero Paese, dopo le vicende che hanno coinvolto Jian Ghomeshi, due mp libe-rali - Massimo Pacetti e Scott Andrews - sospesi ad Ottawa- e Sheila Cop-ps con le sue rivelazioni di molestie e stupro.

Lo Specchio ha affrontato il delicato tema con l'av-vocato Simona Jellinek, che da 18 anni aiuta le vit-time di molestie sessuali, abusi e stupri ad avere la giustizia che meritano.

Avvocato, perché negli ultimi mesi si parla così tanto di abusi sessuali?
"Il numero degli abusi è rimasto lo stesso del 2012. Quello che è cam-biato è l'approccio della nostra società al proble-ma, con una maggiore apertura al dialogo a alla denuncia. La vicenda Ghomeshi ne è un esem-pio. Le vittime si sentono più sicure nel denunciare, superando il grande ti-more di non essere cre-dute.”
“ Ricerche psicologiche dicono che chi ha il co-raggio di esporsi ma si scontra con lo scetticismo della famiglia sviluppa danni ancora più gravi. Se invece le persone che circondano la vittima so-no di vero supporto, i ri-sultati sono decisamente positivi".

Un recente studio gover-nativo dice che due terzi delle vittime donne han-no poca fiducia nella giu-stizia. Secondo lei perché è difficile denunciare un abuso?
"Le ragioni sono molto diverse, ma quella prin-cipale è la paura di non essere creduto. E anche se si è creduti, la vittima può pensare: "Cosa cambia denunciare dopo aver subito un abuso?" Andare alla polizia non è facile, ed è risaputo che pochis-simi molestatori sono condannati".
Quali sono le statistiche in merito?

"Le più recenti si ri-feriscono al 2012, anno in cui ci sono stati 460mila abusi sessuali. Si dice che le molestie si compiano su una donna su quattro e su un uomo su sei.
Su mille casi di abuso sessuale sono esposte in media 33 denunce alla po-lizia, che portano all'aper-tura di 29 indagini, con in media 12 arresti. In tribu-nale arrivano in media 6 processi, con appena tre condanne ogni mille casi. Dati davvero preoccu-panti".
La denuncia alla polizia non è l'unica strada possibile.
"È importante sapere che in casi di abuso è pos-sibile rivolgersi ad un medico o uno psicologo, oppure al Criminal Inju-ries Compensation Board. In Ontario, infatti, esiste un organismo che si occu-pa di aiutare le vittime economicamente.
Altra opzione è contattare un avvocato come me, che in certi casi può aiu-tare ad ottenere i danni o dal molestatore, o dall'a-zienda o l'organizzazione in cui si sono consumati gli abusi.
L'esempio classico sono i preti, con la denuncia del-l'avvocato che va alla Chiesa. Tutto dipende da dove si sono consumate le molestie".
Solitamente dove si consumano gli abusi?
"La maggior parte degli abusi li commettono per-sone che conoscono la vittima, come familiari, amici o educatori come preti e insegnanti. Sono rare le occasioni in cui il molestatore non conosce la sua vittima.
Ricordiamoci che l'abuso è prima di tutto un fatto di "potere" e poi di natura sessuale: chi ha il potere ne abusa in modo sba-gliato, che sia un padre di famiglia, un prelato o un capo ufficio".
Secondo lei le recenti rivelazioni di Sheila Copps possono aiutare altre persone a trovare la forza di segnalare un abuso?
"Assolutamente sì, spe-cialmente se si tratta di personaggi pubblici, dalla Copps ai tanti giocatori di hockey.
Si apre un dialogo con la società, e la società co-mincia a cambiare.
Quarant'anni fa se un bambino andava dai geni-tori a riportare abusi su-biti ad esempio da un maestro, la maggior parte non credeva al piccolo ma si fidava della figura del- l’insegnante. Solo negli ultimi vent'anni c'è stato un cambiamento e una apertura nella direzione della denuncia".
A livello giuridico, come sono cambiate le leggi in materia negli ultimi tren-t'anni?
"Le leggi in materia non sono cambiate molto, ma oggi si può far rispettare meglio la legge perché è aumentato il numero di denunce. Riceviamo de-nunce anche a distanza di trent'anni o più, a dimo-strazione che la mentalità è cambiata. Di media in Canada un processo pe-nale relativo ad abusi sessuali dura due anni, mentre un processo civile va dai due ai sette anni".

Cosa pensa della vicenda di Jian Ghomeshi?
"Sicuramente qualcosa è successo, ma non ho gli elementi per dire se Ghomeshi sia colpevole. Il fatto che da questa vi-cenda sia nato un inte-resse nazionale sugli abusi sessuali è molto po-sitivo per tutti.
Le vittime di molestie molto spesso restano se-gnate a vita, soffrendo di depressione, attacchi di panico e altri gravi pro-blemi psicologici. E se non c'è una denuncia, la situazione continua a peggiorare".
Qual è la parte più difficile del suo lavoro?
"Ascoltare le storie per-sonali di queste vittime, specialmente quando han-no subito abusi durante la loro infanzia o adole-scenza.
Il mio lavoro è cercare di aiutare queste persone a migliorare la loro con-dizione.
In molti casi la loro vita cambia drasticamente in meglio".Mattia Bello

21 novembre 2014