UNITI IN AMICIZIA, SPIRITO E CUORE
Giungendo a Toronto dalla Valle d’Aosta (Italia), ospiti per tre
settimane di cugini italo-canadesi (di origine italiana Gianni, canadese,
di lontana ascendenza scozzese, Mary), eravamo preparati a giornate
di dense emo-zioni e di intense espe-rienze. Pur sapendo che avremmo
partecipato, mio marito ed io, assieme agli aderenti al ST. Fidelis
Golden Age Club di To-ronto, ad un tour con meta Boston e Cape Cod,
non avevamo peró elementi per prevedere né l’atmo-sfera
interna al gruppo, né il clima che si sarebbe po-tuto instaurare
tra noi, ital-iani in vacanza in Canada e gli italiani del Canada che,
appena possono, van-no in vacanza in Italia.
I fondatori del club, nel-l’ormai lontano 1984,
cercarono di creare un’al-ternativa, tutta italiana, agli esclusivi
club di tra-dizione inglese, nei quali gli italiani, nel caso fos-sero
stati ammessi, non avrebbero comunque tro-vato elementi di condi-visione
e di appartenenza. Provenendo da diverse regioni della penisola, ciascuno
di loro era testi-mone di un’Italia, quella degli anni ’50,
in cui, dalle Alpi alle Madoníe, la man-canza di opportunitá
lavo-rative, costringeva i piú coraggiosi a cercar fortuna all’estero.
Il Canada rappresentava, per molti versi, un’inco-gnita: il clima,
la lingua, la distanza dall’Italia, sia fisica che culturale,
ma su una cosa c’era assoluta certezza: il lavoro non mancava,
al contrario, il mercato aveva bisogno di braccia tanto quanto di spirito
di sacrificio, di amicizia tra vecchi e nuovi canadesi, di cuori generosi
e sentimentali, che non di-menticassero le loro ori-gini, le loro tradizioni
e le radici di un popolo che erano forti tanto da poter fare attecchire
nuovi vir-gulti in una terra nuova, che non aspettava altro che di essere
adottata da una cultura lontana ma vitale e generosa.
In questi trent’anni di vita del sodalizio, i soci fon-datori,
divenuti a loro vol-ta anziani, hanno ora la soddisfazione di vedere
come il marchio “Italia” abbia conquistato un ruolo di primo
piano nella cres-cita culturale ed econo-mica del paese che ha avuto
il grande merito di offrire loro lavoro, casa, agiatezza e serenitá.
Il viaggio a Boston ha rappresentato un’occasio-ne interessante
di con-fronto e di scambio, so-prattutto per chi come noi, vive in diretta,
in Italia, la nuova crisi economica che sta attanagliando il Bel Paese.
Abbiamo capito alcune cose che ci accom-pagneranno e ci confor-teranno
al rientro in Italia: la forza della cultura d’o-rigine degli
emigranti, ma non solo, sta nell’unione che associazioni come
il St. Fidelis s’impegnano ad ottenere, attraverso ini-ziative
periodiche aperte anche ai non soci; l’ami-cizia non si trova
in saldo al supermercato, ma si co-struisce attraverso il dia-logo e
il confronto tra ge-nerazioni eculture diverse; il cuore non é
solo il mu-scolo studiato nelle aule di anatomia, é soprattutto,
la capacitá di sentire in sin-tonia con gli altri, sia le emozioni
positive che le situazioni di disagio e di sofferenza.
Per gli italiani residenti sulla penisola, spesso l’emigrazione
é vissuta come un fenomeno stori-co, da archiviare come co-sa
passata oppure come una scelta drammatica, da ultima spiaggia.
Ci si deve rendere conto che gli italiani all’estero sono parte
integrante di una cultura che non é statica e immobile, non é
a una dimensione unica ed unilaterale, é tanto piú ricca
quanto piú abbraccia le esperienze, diverse nel tempo e nello
spazio, di persone che hanno in comune una parola che in sé riunisce
le tre parole scelte come slogan dal club di Toronto: unione, amicizia,
spirito e cuore.
Margherita Barsimi
- giornalista in Italia per una testata locale della Valle d’Aosta,
giunta in Canada per una breve vacanza –